La chiave.

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view post Posted on 27/2/2011, 21:42
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The Fourteenth of the Hill.

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Rating: G/PG
Fascia: Arancione.
Genere: romantico/ malinconico/ fantasy
Avvisi: Violence - OC - Angst - violence - Paranormal - Language (parziale)
Desclimer: Bill Kaulitz, naturalmente, non mi appartiene. OneShot scritta senza alcuno scopo di lucro.
Couple: Bill/Anny
Note: ---




« Si dice che l'impossibilità è data solo dalla morte, quella terribile compagna che spesso, purtroppo, spezza troppo presto i sogni, i respiri.
E dire che è indispensabile per bilanciare il mondo. »

~

« Credete nel paradiso?
Forse esiste, nessuno può saperlo. »

~

« Se vi donassero un potere, che vi permetta di superare questo limite, cosa accadrebbe?
C'è sempre stato, è sempre esistito.
Quello di amare. »






La chiave



Una fredda giornata invernale.
Le nuvole minacciose promettevano neve.
L'aria era leggera, frizzante, quasi sembrava composta di minuscoli filamenti, quando la si respirava.
Chiusi la porta di casa alle mie spalle.
Ero semplicemente distrutta. Distrutta dentro.
Presi le cuffie e le infilai velocemente nelle orecchie.
Lo zaino sulla mia schiena pesava parecchio. Non avrei voluto prenderlo, come ogni mattina.
Questa schifosa giornata sembrava come tutte le altre.

Anny, fai un passo, un altro ancora.

Odiavo tutto ciò che mi circondava e un involucro invisibile sembrava avvolgermi.
Avevo estremamente bisogno di una persona al mio fianco e non ne avevo.
Quando vidi quel fottuto cancello grigio, alto e appuntito, mi si strinse lo stomaco.
Lo percorsi velocemente, a testa bassa.
Qualcuno mi bloccò. Una stretta troppo forte, le dita troppo grandi per divincolarsi, scappare. Era lui.
Sollevai un po' lo sguardo. Avevo paura, infatti, rabbrividii.
"Hey, guarda chi è arrivata!" Disse la voce dietro di me, sarcastica.
"Come mai qui oggi? Una schifosa secchioncella non merita di stare in questa scuola." Continuò ridendo.
Evitai di rispondere, perchè, se lo avessi fatto, mi avrebbero fatto del male. Come ogni volta.
I miei genitori, per lavoro, erano spesso, purtroppo, fuori casa. Ma c'era qualcosa, qualcosa che riempiva questo grande vuoto, che riusciva a colmare il mio piccolo cuore, grande quanto il mio pugno, che incessantemente, batteva.
Da quando non era più con me iniziai a logorarmi interiormente e quegli stupidi continuavano a ferirmi, lui non c'era.
Non sarebbe tornato, mai più. Veniva schernito per difendermi, forse, mi amava.
Il ragazzo mi diede una forte spinta, lasciando la mia giacca che reggeva nella sua forte presa.
"Vai in classe." Sorrise soddisfatto di avermi trattato come meritavo, secondo lui.
Mi chiedevo, al principio, perchè tutti fossero contro di me. Poi capii.
Non avevano motivo. Amavano prendere di mira la gente e provocarla senza, naturalmente, ottenere alcuna reazione contraria.
Io ero un caso di quelli. Le lacrime erano quotidiane amiche, se loro erano presenti. Non ne avevo altri, non avevo amici.
Solo lui. Avrei voluto raggiungerlo, lassù. Ma sapevo che mi avrebbe odiata se l'avessi fatto: sognavo che i confini invalicabili che dividevano quei mondi scomparissero, per una volta.
Tutti non lo sopportavano per il suo modo di fare. Era stato l'unico capace di ribellarsi ma mi era stato strappato via.

~ ~ ~

Andai in classe e seguii passivamente le lezioni. Al loro termine decisi di andarmene velocemente a casa.
Presi lo zaino dal banco, mentre vi riposi all'interno un paio di libri dell'ultima ora.
Rimasi da sola in aula e approfittai di quel silenzio per stare più tranquilla.
Rimasi zitta, presi un profondo respiro e fiondai velocemente in corridoio.
Uscii di lì e imboccai la strada per raggiungere casa ma qualcuno bussò dietro la mia spalla.
Mi voltai velocemente, quel tocco era lo stesso di quel ragazzo del quarto di quella mattina.
Come ogni volta gli chiesi di lasciarmi in pace, anche se sarebbe stato tutto inutile.
Non si facevano scrupoli, anche con le ragazze. Io ero l'unica che quando lui era con me, non aveva paura.
E' facilissimo attaccare una sola persona di quarantatrè chili in quattro, troppo facile.
Avrei voluto che tutto quello smettesse una volta per tutte.
"Anny, Anny, Anny perchè cammini sola soletta?" Mi chiese piazzandosi davanti a me mentre gli altri ci accerchiarono.
Non risposi, spaventata da quel tono troppo tranquillo, che faceva presumere l'inizio di una nuova "tortura".
Mi sollevò con forza il viso con due dita per costringermi a guardarlo.
Il suo sguardo scivolò dai miei occhi, fino al collo.
Avvicinò la sua mano e notò che indossavo una catenina argentea, con un ciondolo, una chiave.
La prese tra le mani e tirando forte, velocemente, la staccò.
Quell'oggetto era l'unico ricordo materiale che mi era rimasto di lui.
Sentii la rabbia prendere possesso della mia mente.
"Dammela, dammela!" Dissi allungando la mano, cercando di prenderla.
"No." Sorrise semplicemente, con un ghigno spavaldo.
Avrei voluto dargli talmente tanti pugni da sfigurarlo per sempre.
Lo insultai, in preda all'ira. Di risposta lui, con espressione provocatoria e innervosita per il solo fatto che qualcuno gli avesse risposto, si avvicinò alle grate sul pavimento e la lasciò scivolare giù.
Scoppiai in lacrime mentre lui tornò da me.
"Oh, che peccato! E' caduta!" Disse con un'espressione di finto dispiacere.
"Era..."
"Di Bill? Oh mio Dio, perdonami. Non lo farò più." Sorrise.
Fissai quella maledetta grata.
Avrei voluto farci sbattere la testa di Ian, lì.
Non vedevo più nulla, per la velocità con cui scendevano le lacrime.
"Smettila, stupida. E' morto. Morto. Non lo avrai mai più."
Continuò a parlare, ogni tanto spezzando le parole con una risatina.
Avevo solo sedici anni, lui due in più, quando mi lasciò.
Bill, era quello il suo nome che, a mio parere, gli si addiceva solo per la forza caratteriale, contrapposta a quella fisica sempre pronta a mettersi in gioco per me.
"Ricordi, Anny, la sua bara bianca, un anno fa? Oh, forse era di meno."
Era uno dei ricordi più vividi nella mia mente, quel giorno. Sembrava riposasse lì dentro.
Mi stava logorando l'anima con quei pensieri.
Andai vicino alle piccole sbarre e mi inginocchiai, sperando che fosse incastrata; la cercai con lo sguardo, ma non riuscii a trovarla.
Ero disperata. Il ragazzo mi sollevò, prendendomi per la maglietta.
"Era l'unica cosa che avevo. Sei uno stronzo." Dissi piangendo.
Il fatto di avergli risposto in quel modo, per lui folle, lo lasciò di stucco.
Vidi la sua espressione mutare. Era rabbia, che avrebbe sfogato su di me.
Mi lasciò e mosse leggermente la testa per fare cenno ai suoi compagni di stringere il cerchio.
"Ricordi?" Mi guardò. Più evitavo di ricordare tutto, più lui continuava a parlare.
Non ottenne risposta, avevo paura. Mi spinse e finii di spalle al muro.
"Ho detto, ricordi?" Ripetè scandendo le parole, abbassando la voce.
Strinsi gli occhi, per rendere un po' più vivide le immagini che si proponevano davanti ai miei occhi.
Lacrime.
Ne sentii due scorrere sulle guancie.
"Non vedo l'ora che tu... che tu brucerai all'inferno. Lascialo riposare in pace..."
Sollevò la mano e mi diede un pugno sicuramente meno forte di quello che spesso utilizzava per assoggettare ragazzi, ma pur sempre doloroso.
Di solito i giovani lo facevano pressochè mai, Ian però faceva differenza.
Sentii uscire sangue dalle labbra, il suo gusto metallico mi dava fastidio.
Mi lasciò dalla stretta. Sorrise guardandomi mentre proprio quella mi ridusse in ginocchio.
"Vacci tu, all'inferno." Rise e si allontanò lentamente con i suoi compagni, gridandomi ogni tipo di insulto possibile.
La derisione più squallida era la sua. Non riuscii a rispondere per il dolore che stavo provando. E dire che ero abituata, a quel tipo di sofferenza. Mi toccai con due dita il labbro che sanguinava, ritraendole subito.
Scossi un po' la testa per riprendermi e presi lo zaino, tornando a casa.
Aprii la porta notando che come al solito non c'era nessuno.
Andai in camera e asciugai le lacrime mentre salivo le scale.
Mi mancava così tanto.
Sospirai per calmarmi, adirata per aver perso per sempre il suo ciondolo.
Quando me lo regalò, mi fece promettere che l'avrei tenuto sempre con me, qualsiasi cosa fosse accaduta.
La morte lo aveva strappato da me, arrogante. Perchè, perchè lo aveva tolto con tale violenza?
Era parte della mia vita, lo amavo più di qualsiasi altra cosa e non lo sapeva.
Vederlo riposare, quella calma apparente che c'era intorno, piena di dolore, era stato atroce per me.

Accesi il lume nella stanza.
La sua luce era fioca e dorata illuminava debole parte della camera.
Pioveva, sentivo il dolce suono delle goccioline che sbattevano sulla finestra.
Mi stesi sul letto, abbracciando il cuscino e chiudendo gli occhi.
Sue immagini mi martellavano la mente.
Sentii un rumore.
Il cuore prese a battermi forte.
Mi guardai intorno. Notai che, fra la finestra e l'armadio, nella penombra, qualcosa si era mossa.
Pensai immediatamente ad un volatile o a qualcosa proveniente dall'esterno.
Mi avvicinai un po', muovendo la mano in quel punto.
Sentii qualcosa di molto particolare, sembrava leggero velluto.
Si mosse per la seconda volta, ondeggiando un po'.
Ritrassi velocemente la mano, ero spaventata.
Avanzò, ancora.
Indietreggiando inciampai e caddi a terra.


~ ~ ~


Sollevai un po' lo sguardo. Il cuore stava per esplodermi dal petto.
Era lui. Era Bill.
Aveva delle grandi ali nere. Erano quelle che risultavano così particolari al tatto.
Si accovacciò vicino a me, rivolgendomi un tenero sorriso.
Era sereno, felice.
Pensai di essere diventata pazza, di soffrire di allucinazioni.
Quando mi toccò, capii che era tutto vero.
Mosse le sue dita affusolate sulle mie labbra e la ferita che avevo, sparì.
Pensai di non respirare più. Sorrise, ancora.
Il mio sguardo, l'unica cosa che era in grado di muoversi, notò che i suoi polsi e la base del collo erano scorticati.
L'avevano incatenato.
Mi prese in braccio e mi posò sul letto.
Mi sedetti subito.
"Anny..." mormorò.
"B...Bill?" Tremavo.
Per rassicurarmi sorrise ancora, avvicinando timidamente la mano, poggiandola sulla mia guancia.
La sua pelle era talmente candida che sembrava cristallizzata, fredda.
Le sue lunghe dita affusolate, paradossalmente calde, mi suscitarono un piacevole brivido.
"Si, sono io." Si sedette al mio fianco.
"Ma... tu eri... io..." Ero così confusa. Lui era vivo? No, non era possibile, l'avevo visto con i miei occhi, lì, in quella bara.
Aveva le ali, però. Propro quelle si mossero leggermente, tentando di avvicinarsi a me e trovando, come unico ostacolo, il suo corpo.
"Avevo già provato a raggiungerti ma non ci sono riuscito. Perdonami" Disse guardandomi.
"Tu sei..."
"...morto?" Mi guardò profondamente. Quello sguardo che era capace di scavarmi l'anima.
"Si, lo sono. Sono diventato un angelo, nero."
Poggiai la mano sul suo braccio, facendola scorrere fino al polso esile e ferito, rivolgendogli uno sguardo.
Capì che volevo sapere il motivo.
"Mi hanno punito, per aver provato a scappare per raggiungerti. Mi hanno concesso di tornare, per vegliare su di te. Solo tu puoi guardarmi, toccarmi. Gli altri non mi vedono. Solo perchè sei riuscita ad amare. Mi ami così tanto che avresti dato la tua vita per la mia."
"Ti amavo..."
"Mi Ami, perchè dovrebbe essere diverso."
"Perchè non so se sono diventata matta, oppure è reale"
Rimase in silenzio, lasciandomi intendere che ero tutto, fuorchè matta.
"Loro mi hanno trattata così male per tutto questo tempo."
"Lo so, vedevo tutto." Mi accarezzò ancora.
"Baciami." Mi disse.
Mi avvicinò un po' a lui.
Pensai che, se fossi realmente impazzita, sarebbe stata la follia migliore.
Poggiai le mie labbra sulle sue.
Non l'avevo mai fatto quando lui era con me, vivo.
Le sue grandi ali mi avvolsero.
Schiuse leggermente le sue labbra, baciandomi quello inferiore.
Piano si allontanò.
"Ti amo, piccola mia."
Rimasi più frastornata di prima. Quel bacio era stato perfetto.
"Anche io ti amo."
"Puoi toccarmi, sono tuo. Solo tuo."
Prese la mia mano e la poggiò sul suo collo. La guidò sul suo cuore.
Indossava una maglietta nera, leggera, scollata profondamente. Lasciai che la poggiasse.
"Lo senti?" Mi guardò.
"Batte." Dissi sentendo le pulsazioni.
Piano mi allotanò la mano.
"Ora, non batte più." Disse.
Avvicinai un po' il viso al suo petto.
Non batteva, davvero.
"Tu sei capace di farmi sentire... vivo."
"Non ti senti più leggero?"
"Sto male, quando non ci sei. Mi sento così vuoto."
Rimasi in silenzio a guardarlo, incredula.
Lui era lì.
Si avvicinò.
"Posso... posso toccarla?" Dissi timidamente, guardando le ali.
"Certo che puoi. Si abitueranno al tuo tocco." Sorrise dolcemente.
Mi avvicinò a lui. In modo che potessi toccarle comodamente.

~ ~ ~

Con un po' di paura, per la reazione che avrebbero avuto, toccai l'ala sinistra.
La mia mano era molto piccola rispetto a quelle.
Si mossero velocemente all'indietro.
"Non spaventarti, non possono farti nulla."
Lo guardai, poi, quando tornarono vicine, provai di nuovo.
Si lasciarono accarezzare e sembrava che a lui piacesse.
"Ti rivedrò?" Gli chiesi speranzosa.
"Forse, penso di si."
"Ti prego, dimmi se sì o no."
"Si, si." Disse, non completamente sicuro.
Mi bastò sentirglielo dire, per essere rassicurata. Non avrei sopportato un secondo allontanamento.
"Non ti faranno del male, quando tornerai lì?" Chiesi, continuando ad accarezzargli l'ala, guardandolo negli occhi.
"No, questa volta no." Mi accarezzò la guancia.
Chiusi gli occhi e lo abbracciai.
Risentire il suo corpo, il suo profumo.
"Resterò con te, amore."
Mi sollevò il viso e mi baciò, togliendomi due lacrime che mi bagnavano il viso.
Ero felice.

~ ~ ~

Mi guardò.
"Amore mio, devo andare. Mi chiamano."
"Di già?" Lo guardai.
"Mh, tornerò stanotte, non spaventarti, se vedi un'ombra alata vicino a te."
"Ti aspetterò."
"Tranquilla. Devi riposarti. Veglierò su di te." Disse e si alzò dal letto, aprendo poi la finestra.
"Ti aspetterò." Ripetei.
"Oh, quasi dimenticavo, piccola mia" mi accarezzò il collo, pogiandovi entrambe le mani. Lo baciò.
Comparì la sua catenina, con la chiave e un altro ciondolo, un cuore.
"Ti amo."
"Anche io ti amo." Risposi.
Lo lasciai andare, aspettando, a breve, il suo ritorno.

Edited by ‚annì»TH; - 4/3/2011, 22:03
 
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Freiheit97
view post Posted on 1/3/2011, 19:47




Mi è piaciuta...La storia è scritta abbastanza bene, la trama in sè però è bellissima...Chi non vorrebbe che le persone che abbiamo perso tornassero con noi, anche solo per pochi minuti, anche solo per dirci "Ciao" Un ultima volta? Bravissima davvero, OS ricca di emozione e significato :)
 
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view post Posted on 4/3/2011, 22:03
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Oh cavolo, sono una rimbambita, è una fanfiction. Ma era nata per essere una OneShot.
Devo modificare il post, intanto, posto il secondo.
Gentilissima per il commento, davvero ti ringrazio (:







#2
«Il suo amore»




Poggiai il mio esile corpo vicino alla finestra.
Lasciai che il mio sguardo si tuffasse nel cielo nuvoloso che aveva finito di piangere le gelide lacrime di neve, notando che c'era un piccolo spazio di profondo blu, trapunto di stelle.
La sola idea di averlo rivisto, di essere stata sfiorata dalle sue morbide labbra, mi sembrava impossibile.
Presi fra le mani il ciondolo con la chiave. Eppure lo avevo perso, poco prima.
Una piuma nera giaceva sul pavimento incontrò la mia mano.
La raccolsi. Leggera, lucente, vellutata.
Rimasi ad osservarla per un po'.
Non stavo sognando. Era davvero lui.
Sospirai pensando al suo carattere, con me dolce e malizioso, lo era sempre stato.
Ero innamorata persa di quell'angelo, chissà come mai, nero.
Nuotando nei miei pensieri chiusi gli occhi, stanca ma con tutte quelle ferite rimarginate da lui.
Dopo un po' mi addormentai.

*

Mi svegliai velocemente, affannata.
Notai, con mia sorpresa, di essere sul letto.
Spostai velocemente una ciocca di capelli cadutami sul viso mentre il mio sguardo velocemente esplorava la stanza.
La luce era spenta, lui era al mio fianco. Riuscii a sentire il morbido fruscio delle ali che fendevano l'aria.
Mi voltai verso di lui.
"Sei molto bella quando dormi." Disse con un leggero sorriso dipinto sul suo volto.
"Ho... ho fatto un incubo" cercai di calmarmi, piano stavo riacquistando la serenità che avevo perso durante il sonno.
"Lo sento, amore mio." I suoi occhi splendevano nell'oscurità, con una luce così calda che invitava, chiunque lo avesse guardato, a rimanere incantato dalla sua profondità.
"Lo senti?"
"Amore, gli angeli possono percepire i sentimenti degli umani, a volte anche i loro pensieri."
"Tu..."
"Io ti amo più di qualsiasi altra cosa."
Le sue ali ci avvolsero, toccandomi leggere la schiena mentre mi cingeva i fianchi con le braccia.
"Ti ho portata io qui, perchè quando sono tornato ti ho trovata vicina alla finestra." Sorrise dolcemente.
"Oh, io volevo aspettarti"
"Non devi preoccuparti, amore."
Avvicinò il suo viso. I suoi dolci lineamenti mi facevano pensare che infondo la perfezione esisteva.
Appoggiò una mano fra i miei capelli, chiudendo gli occhi come per sperimentare un nuovo tipo di emozione che a me piaceva moltissimo.
Avvicinò ancora il suo viso, baciandomi.
Le sue labbra erano follemente tentatrici e non solo quelle.
Quando si allontanò sorrise.
"Suscito in te emozioni molto particolari, amore mio."
Il suo sguardo si posò tranquillo sul mio viso mentre le mie guance diventavano più colorite.
Quando mi toccava era sempre più caldo.
Le sue ali adesso si lasciavano accarezzare e, dalle espressioni del suo viso, gli piaceva moltissimo.
"Perchè le tue ali sono nere e non bianche?"
"Perchè gli angeli non tentano e amano tutti. Loro lo distribuiscono, lo diffondono, sono esseri... puri. Io amo solo te."
"E tu pensi di tentarmi?"
"Mmmh, si. Sono sicuro che se fcessi alcune azioni particolari, sicuramente perderesti il controllo e diventeresti totalmente dipendente da me. Non voglio che tu lo sia, semplicemente perchè non sopporterei l'idea di poterti far soffrire."
Arrossii, sentendo le mie guance cambiare temperatura.
"Non voglio andare a scuola domani." Dissi, cambiando argomento.
"Non ti faranno più del male." Mi disse sorridendomi.
"Si invece."
"Sono andato a fare una visita ad Ian, prima di venire qui. L'ho molto spaventato, muovendo oggetti, sbattendo le porte e scrivendo su un foglio." Rise.
Da quanto non lo vedevo divertirsi.
"Chissà perchè non ti ho mai visto prima."
"Perchè non eri pronta e non potevo raggiungerti, piccola mia."
"Mh... devono averti fatto davvero male, quelle ferite non vanno via" Dissi, impressionata per i polsi scorticati.
Mi sorrise teneramente. "Mi hanno impedito di venire da te. Speravano che tu ti dimenticassi, servono demoni laggiù e io non voglio diventarlo. Per questo sono angelo." Chiuse gli occhi, accompagnando il viso con una smorfia, come per dimenticare le sofferenze passate.
"Ti auguro un destino migliore." Mi accarezzò i capelli.
"Io lo voglio vivere con te."
"Non lo meriti. Tu diventerai un angelo bianco e, se vorrai, potremo stare insieme. Queste ferite mi hanno fatto aprire gli occhi. Il cosiddetto ''paradiso'' non esiste. Ci sono demoni pronti a prenderti in un attimo, torturarti per costringerti a passare dalla loro parte, rinfacciandoti tutto quello che non hai fatto durante la vita, per ucciderti dentro."
"Bill, ho paura della morte." Pensai a ciò che mi aveva detto poco prima, a quanto dolore avesse patito, in un mondo da sempre visto con serenità da tutti.
"Ti proteggerò amore mio. Nessuno ti toccherà." Mi accarezzò la guancia.
Rimase un po' in silenzio, come per scucirsi di dosso tutti quegli oscuri pensieri.
Poggiai la mano sul suo polso, accarezzandoglielo molto delicatamente, attenta ad evitare qualsiasi segno di sofferenza.
Inarcò le sopracciglia, emettendo un piccolo gemito per il dolore.
"Scusami..." Ritrassi velocemente la mano.
"non devi. Sono tuo, mi puoi toccare dove vuoi, quando vuoi." Disse muovendo poco le ali, per sistemarsi vicino a me.
Rimasi in silenzio, senza una effettiva risposta da dargli.
"Amore, devo provare una cosa..." Si tolse la maglietta leggera e mi guardò, spostando le sue mani fino al bordo della mia.
Non capii cosa avrebbe fatto anche se il suo tocco mi lasciò senza respiro.
La sollevò con un delicato movimento per poi sfilarla. Ero totalmente succube a lui. Non avrei permesso a nessuno di farlo ma lui poteva.
Aveva su di me un'influenza tale da disarmare ogni mia difesa.
Avvicinò il suo corpo e mi abbracciò. Il contatto con la sua fredda pelle mi fece rabbrividire ma piano si riscaldò.
Sentivo solo il suo respiro muovere leggermente i miei capelli.
Le sue ali mi accarezzarono la schiena mentre io accarezzavo la sua.
"E' una sensazione indescrivibile" Disse stringendomi.
"Ti amo." Dissi continuando a far scivolare le mani sulla mia schiena.
"Mi piacciono le tue mani, amore" Rabbrividii.
Istintivamente allontanai poco il mio viso dal suo e gli baciai il collo.
Chissà perchè lo stavo facendo, era un sentimento irrefrenabile che non riuscivo a controllare.
Se solo la mia mente fosse stata più presente, avrei evitato l'imbarazzo successivo.
"Mh, mi piacciono anche le tue labbra" Sorrise aggiungendo alla sua voce calda e suadente un pizzico di malizia.
"Posso provarci io?" Chiese, tornando al suo tono simile a quello di un dolce bambino.
"A fare cosa?" chiesi perplessa.
Non ottenni risposta mentre lui ripeteva i miei gesti di prima, muovendo le sue calde labbra sul collo e facendo scaturire in me una serie di piacevoli brividi che velocemente scivolavano sulla mia schiena con un desiderio crescente di amore, da parte sua.
Mi accarezzava le spalle, scendendo fino al braccio più volte di seguito.
Quando lentamente si allontanò mi sentii sinceramente dispiaciuta del termine di quella deliziosa forma d'affetto.
Sollevò una bretellina del reggiseno che mi era scivolata dalla spalla durante le sue dolci carezze.
"Dormi piccola." Mormorò. Forse avrei dovuto riposarmi ma il solo fatto che fosse presente mi invitava a non perdere tempo con il sonno.
Avevo paura che la mattina dopo, risvegliandomi, non ci fosse stato più.
Intanto la stanchezza aveva preso possesso della mia mente. Mi addormentai dopo poco tempo.

*

La luce che filtrava dalla finestra mi infastdiva.
Tastai il letto in cerca del suo corpo. Non c'era.
Facendo leva con le braccia mi alzai, sperando con tutto il cuore che fosse rimasto a casa, che non se ne fosse andato di nuovo.
Presi la maglietta e la infilai velocemente.
Perlustrai tutta la casa ma non era rimasta alcuna traccia.
Mi diressi poi in bagn, per fare la doccia, prima di tornare a scuola. Ero molto più tranquilla ma avevo paura che lo avessero preso di nuovo, che gli avessero fatto del male.
Aprii la doccia e sciolsi i capelli, mentre attendevo che l'acqua riscaldasse mi privai dei vestiti.
Faceva freddo, tanto che rabbrividii.
Mi guardai un attimo allo specchio: ero decisamente più magra dell'anno prima, decisamente.
Entrai nella doccia, presa totalmente dai pensieri.
Lasciai che scivolasse qualche lacrima di un sentimento forse poco definito: era un misto di gioia e profonda preoccupazione per la sua assenza.

*

Un rumore mi fece tremare dalla paura.
Qualcuno aprì velocemente la tenda del box mentre istintivamente mi accovacciai, portando le ginocchia al petto, vicino alla parete.
"Dio Amore perdonami!" Riuscii a distinguere la voce di Bill, che chiuse velocemente la tenda lucida.
Sospirai per riprendere la calma.
"Come.. come mai quest'entrata così violenta?" Balbettai.
"Scusami, ti ho sentita piangere e sono corso qui. Pensavo ti avessero fatto del male."
"Non ho pianto, ero solo molto preoccupata per te."
"Mi sono dovuto assentare. Ti aspetto fuori. Perdonami." Disse uscendo dalla stanza.
Mi vestii velocemente e lo raggiunsi.
"Scusami Anny. Non avrei dovuto farlo, scusami. Ma ti ho sentita piangere e sono corso da te, pensando che ti avessero presa."
Lo guardai perplessa. "Possono prendere anche i vivi?"
"Se amano gli angeli, certo." disse sinceramente in colpa.
"Oggi niente scuola." Dissi pensandoci.
"E i tuoi?"
"I miei non ci sono. Decido io cosa fare e non voglio tornarci lì." Dissi.
"Scusami ancora per prima..." Disse tornando sull'argomento.
"Non devi preoccuparti. Tranquillo"
"Un difetto di noi angeli è che dobbiamo spesso andare via, quando ci chiamano."
"Capisco. Mi basta vederti anche solo un attimo." Pronunciai penetrando il suo sguardo con il mio.
"Ti amo piccola mia"
"Ti amo anche io"
Si avvicinò e mi baciò, accarezzando la mia lingua con la sua.
Percepii un piacevolissimo oggetto, piccolo e freddo: il suo piercing, di cui mi ricordai solo in quel momento.
"ci sarò sempre perte" Aggiunse poco dopo, muovendo un po' le ali.
"io vivo per te." conclusi, accarezzandogli il volto.
 
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Freiheit97
view post Posted on 8/3/2011, 14:45




Bella, sono contenta che sia una FF completa :) La trama mi incuriosisce molto, posta presto!!
 
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view post Posted on 11/3/2011, 21:24
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Eccomi qui! *w*


#3


« Ti piace l'odore del sangue? »



Durante il pomeriggio decidemmo di uscire.
Percorremmo parte del grande parco della città dove vivevo, anche se periferico.
Lui era così tanto dolce con me.
Raggiungemmo un luogo vicino scuola, all'interno del parco.
Mi invitò a sedermi con lui sulla verde erbetta sottile.
"Piccola" mi richiamò, inclinando leggermente il capo.
"Si?" Chiesi sorrdendogli.
"Qualcosa non va. Qualcosa di brutto sta per accadere."
Sentite quelle parole il mio cuore prese a battere più velocemente.
"cosa? Amore, cosa?"
Sollevò le spalle. Non lo sapeva.
Mi bastò voltare lo sguardo per capirlo: Ian si stava dirigendo verso di me ed era incazzato, molto incazzato.
"Tu, schifosa! Che ti sei inventata? Dillo cazzo!" Disse gridando, rosso in volto per l'agitazione.
"Cosa?"
Mi prese con forsa sbattendomi contro un albero.
Bill volò verso la scuola, non ne capii il motivo, tantè che mi preoccupai ancora di più.
"Muoviti stupida. Ieri sera che hai fatto?!" Continuò.
"Niente!"
Lasciò la presa, oramai furibondo.
Mi mostrò la sua mano, stretta in un pugno.
"Continua a mentire e questo, lo giuro, ti farà così tanto male che la smetterai a fare la stronza"
Sentii un rumore stridulo. Bill stava scrivendo sul muro della scuola, poco distante, delle frasi con un gessetto.
Ian si spaventò così tanto da mollare tutto e scappare.
Il mio angelo mi sorrise. Era tutto passato.
Si avvicinò a me mentre notai che la vista si stava offuscando sempre di più.
Sentii sono il vento leggero accarezzarmi il collo e la figura di Bill sempre più scura, per poi scomparire del tutto.


*


Aprii gli occhi con fatica. Sentivo il mio corpo dolere.
Notai che ero in una stanza scura, con una sola finestrella in alto, munita di sbarre, dalla quale si riusciva ad intravedere una sostanza rossa e calda, fuoco.
Era murata ovunque, non c'era via di fuga. Mi portai una mano alla testa per tentare di farla smettere di girare.
Quando riuscii ad alzarmi dal pavimento freddo, sporco e quasi sabbioso, una figura spuntò dall'ombra, facendomi sobbalzare per lo spavento.
"D.. dove sono?" Chiesi impaurita.
Si dipinse un ghigno che lasciò trasparire, da quella figura, una cattiveria quasi sconfinata.
"Negli inferi, Anny."
Indietreggiai un po', sentendo la parete fredda della stanza.
"Inferi?"
"Sai, il tuo angioletto non è qui. Non ti salverà. Dopo che ti avrò uccisa non avrà più una ragione per rimanere angelo e verrà da noi."
Quando ascoltai la parola "uccisa" mi si congelò il sangue nelle vene.
Sembrava un orribile incubo, nel quale ero in trappola.
Mi osservò, felice di guardarmi così posseduta dalla paura.
"Siamo demoni, piccola."
Si mostrò alla poca luce che filtrava dalla piccola finestrella infuocata: era un bell'uomo, alto, vestito con abiti eleganti, moro dagli occhi dorati.
Sembrava che tutto ciò che avevamo intorno si inchinasse a lui.
Avvicinò il suo corpo al mio.
"Lui non sa che sei qui. Lui non verrà." Ribadì.
Subito dopo sparì.
Scoppiai in un pianto silenzioso. Chissà se realmente non sapeva dov'ero finita, fatto sta che volevo scappare da lì.
Avevo così tanta paura di soffrire. Non dovevo permettere che mi uccidessero. Avrei resistito fino all'ultimo.


*


Passò non so quanto tempo quando tornò da me quel demone, insieme ad un altro.
"Sono trascorse dieci ore, se proprio vuoi saperlo" Mi disse, camminando lentamente per la stanza, accarezzando il muro di fronte a me.
Lo guardai.
"Oh su Anny, non guardarmi così. Sei una ragazza fin troppo tranquilla."
Mi asciugai una lacrima.
"Piangi?" Disse ridendo.
"Alzati." Disse con tono autoritario.
Provai a stare ferma dov'ero ma capii ben presto che dovevo eseguire i suoi ordini.
"Ho detto, alzati." Aprì il palmo della mano muovendolo lievemente.
Sentii due catene legare i miei polsi, per obbligarmi ad alzarmi.
Li sfregavano tanto da farmi provare dolore. Vidi sangue bagnarli.
"Toglile... mi.. mi metto in piedi ma toglile"
Sorrise. "No. Io direi di iniziare come abbiamo fatto con il tuo angioletto, ti va?"
Si avvicinò un po' a me, mutando forma. Era uguale a Bill, solo che i suoi occhi erano striati di un leggero colore rossiccio.
Lasciò scivolare la mano sul mio viso, quando si fermò sul collo l'altra compì gli stessi movimenti che il demone aveva fatto precedentemente.
La puntò al cuore.
Un grido disumano spezzò quel silenzio, che assisteva maestoso senza provocare alcun rumore: ero io.
"Ops, ti ho fatto male?" Rise. "Dici che dovrei rifarlo?" Continuò.
Scendevano così tante lacrime. Non c'era sangue, nè ferite, tranne ai polsi. Una sofferenza così profonda, interiore.
"T... ti... prego, no..."
"Mh, se proprio insisti." Ripetè gli stessi gesti per più di due volte.
Quel dolore mi stava lentamente debilitando, tanto da farmi perdere qualsiasi energia.
L'aspetto del mio angelo, la voce da demone, quel demone che provocò in me la voglia di morire, piuttosto che di continuare.
"Oh no, devi restare in vita per i prossimi divertenti intrattenimenti che ti ho preparato." Sorrise.
Si schiarì la voce che piano assunse le sembianze di quella di Bill.
"Bene, va decisamente meglio" disse soddisfatto mentre sentivo i miei occhi bruciare per le tante lacrime versate.
Si avvicinò a me, accovacciandosi per raggiungere la mia altezza.
"Bene, direi che si potrebbe iniziare" Disse accarezzandomi i capelli.
Essendo priva di forza per muovermi, per evitare che poggiasse le sue mani su di me, lo lasciai fare.
"Alzati, perchè sei a terra, non dirmi che hai già perso le forze?" Disse.
"n... non... ce la faccio"
"Si che ce la fai." Disse con tono persuasivo, muovendo di nuovo quella maledetta mano contro di me, spostando le catene in modo tale da costringermi ad alzarmi. Mi facevano così male.
Gemetti ma a lui non importava.
"Visto?" Disse sorridendomi. Se solo avessi avuto più forza, l'avrei ucciso, lentamente, come stava facendo con me.
"Ti piace l'odore del sangue?" Mi chiese e, senza darmi il tempo di parlare, mi graffiò sulla guancia. Sembrò che possedesse dei piccoli coltelli, in grado di provocarmi ferite profonde, molto.
Pregai che la smettesse, che mi lasciasse morire in pace, velocemente.
Quel grande dolore provato nelle torture precedenti iniziava a farsi sentire più di prima.
"Vedrai piccola, soffrirai ancora di più di quanto tu abbia sofferto prima." Ridacchiò.
"Non ti farò del male, Anny, sarà solo il tempo a fartene. Sai, mi sono trasformato nel tuo angioletto piumato per lasciarti un suo maligno ricordo. E' troppo schifosamente innamorato, meglio sviare quest'immagine così negativa."
Sollevò la mano e la puntò verso di me, ancora sortì lo stesso effetto.
Non ebbi nemmeno la forza di ribellarmi. Non ce la facevo più.
"Guardami." Mi disse, sollevandomi con forza il volto.
Strinsi gli occhi, per fare come diceva, per evitare che continuasse, per scostare tutte le lacrime che mi impedivano di guardarlo.
"Mh, anzi no, è più divertente il contrario" Sorrise e mi obbligò a chiuderli.
Ebbi come l'impressione che mi stesse conficcando degli spilli sulle palpebre. Piangevo e non potevo aprirle.
"Muoviti, aprili adesso!" le aprii ma sembrò che non avessi mai compiuto quell'azione.
Mi aveva privata della vista.
"Non.. non vedo" Dissi agitandomi molto più di prima.
Lo sentii ridere divertito, mentre il rumore dei suoi passi echeggiava nella stanza.
"Tornerò fra un paio d'ore. Giusto il tempo per far aprire le ferite."
"Quali?" Soffiai.
"Quelle per le quali hai emesso quelle dolci grida. A breve si apriranno. Non vedo l'ora di continuare"
L'aria si mosse velocemente. Erano spariti.
Senza la vista, la mia mente era totalmente concentrata su ciò che mi attendeva.
I miei dubbi su ciò che avrei provato trovarono quasi subito risposta.
Delle profonde ferite lacerarono il mio piccolo corpo. Perchè stavo passando tutto questo?
Cercai, almeno, di sedermi su quel pavimento sabbioso, ma le catene me lo impedivano.
Chiusi gli occhi, era tutto inutile. Sperai soltanto che la mia morte servisse ad aprire gli occhi a Bill e ad evitargli le atroci sofferenze che stavo subendo.

*
Dopo circa un'ora sentii di nuovo un movimento dell'aria.
Erano tornati.
"Sai, Anny, pensavo di dover aspettare un po' di più. Noto che c'è più soddisfazione a torturare voi vivi. Gli angeli soffrono mollto meno."
Era tornato con il suo aspetto: non aveva più la voce di Bill.
"Che facciamo? Dici che potrei continuare?" Ridacchiò.
"Leggo i tuoi pensieri, piccola. Lui non verrà. Quel filo di speranza che nutre i tuoi occhi è già stato tagliato quando ti ho portata qui.
Confesso che Bill ha sofferto solo per te. Stava venendo a trovarti, quando l'abbiamo catturato, solo che quello stupido è scappato e adesso ha messo anche te nei guai. Oh poverina, mi dispiace davvero" Disse sarcastico.
"Lascialo in pace" Mormorai. Se la mia morte sarebbe stata vana, mi sarei tormentata per l'eternità, forse.
"Mia adorata vittima, non fare l'eroina, la tua morte sarà più che utile per la riuscita del nostro complesso piano. Il tuo Bill è un angelo con potenzialità eccellenti che, se sfruttate a modo giusto, lo porteranno a dominare il regno dei morti e quello dei vivi."
Si stava muovendo vicino a me, sentivo l'aria spostarsi. Probabilmente aveva un lungo mantello, dato che un fruscio sordo inondava la camera.
"Se tu perdi la vita, lui non sarà più un angelo custode, ciò modificherà finalmente tutto."
"Devo ammettere che sei una fanciulla tenace, stai soffrendo molto, per lui. Per questo mi fai divertire così tanto. Ho adorato percepire la tua sconfinata paura mentre ti torturavo. Direi che potrei continuare ancora, mi soddisfi alquanto."
Pregai che non vedesse le mie lacrime.
"Ah, mi irriti un po', se piangi. Chi versa quelle gocce è debole e tu non lo sei, giusto?" Mi sfiorò il mento con due dita, per sollevare il viso.
Sentìì l'altro braccio muoversi. Ancora.
"Queste, spero, non saranno le ultime ferite che ti potrò provocare. Sai, un pregio dei demoni è quello di possedere poteri in grado di mh... uccidere lentamente." disse velocemente.
Un'altra volta quell'atroce tortura.


*


Un rumore, molto più violento di quello provocato dai movimenti compiuti in precedenza, fermò il demone che sentii combattere contro qualcosa, o qualcuno. Un tonfo.
Altri rumori, più forti e, probabilmente, più vicini. Avrei voluto guardare, cosa stava succedendo?
Le mie forze stavano diventando sempre meno. Sentii ogni suono più ovattato, tranne quello del mio battito cardiaco.
Non mi interessava più quello che avevo intorno, volevo semplicemente averlo vicino.
Mi sentii afferrare per i fianchi, sporchi di sangue. Mi avevano liberata da quelle catene.
Mi aggrappai forte a chiunque mi avesse tolta da lì. Sentii Bill gridare contro il demone.
Altri suoni, simili a percosse. Era lì, pronunciai il suo nome.
Mi prese in braccio, stringendomi a lui.
Sollevai leggermente la mano, per poggiarla suo suo viso e assicurarmi che fosse lui.
Spiegò che ali e cominciò a volare, da dove eravamo usciti?
Non parlò durante tutto il tragitto compiuto, sentii solo l'aria fresca accarezzarmi il volto e tutte quelle profonde ferite bruciare, molto.
Fuoriusciva sangue e percepii che si sarebbe aperta anche l'ultima.
Mi appoggiò su qualcosa di assurdamente morbido e fresco.
"Che ti ha fatto..." Disse piangendo.
Mi rannicchiai su un fianco. Mi faceva così male da farmi perdere la ragione.
Sentii le sue ali avvolgermi, mentre le sue lacrime guarirono i graffi sul viso.
"Ci penso io. Stringi forte la..." Si interruppe, sfiorando i miei occhi, socchiusi e pieni di lacrime.
"Ma non vedi?" Scossi un po' la testa.
Lo sentii muoversi.
Si avvicinò un po' e mi baciò dolcemente le palpebre, prendendo il mio viso tra le mani e togliendo con i pollici le lacrime che scendevano.
Ringraziai il Cielo che fosse venuto a prendermi.
Gli occhi non mi facevano più male, riuscivo a vedere, anche se sfocatissimo.
Poggiai la mano sul suo viso, per invitarlo ad avvicinarsi.
"Grazie." Dissi piano.
"No, non devi, non sto facendo abbastanza."
Mi toccò il fianco che sanguinava e rimarginò quella ferita.
"Mi fa... mi fa male..."
Sentii il suo sguardo così profondo su di me.
Le sue lacrime mi bagnarono la guancia mentre distinsi la sua figura che muoveva le mani su di me, per guarirmi.
"Ora devo... devo toccare le ferite. Ti farà male." Disse. Riuscivo a percepire la sua tensione.
"Ti prego, resisti"
Mi sollevò la maglietta e iniziò il suo minuzioso lavoro.
Il dolore che mi provocava era decisamente meno intenso di quello delle torture alle quali ero stata sottoposta dal giorno prima.
Rimasi in silenzio, aspenttando che finisse.
Sembrò durare meno del tempo realmente trascorso.
"Le ho guarite tutte, tranne la più profonda" Disse accarezzandomi i capelli.
Non riuscii a distinguere il suo sorriso da una espressione di insoddisfazione. Vedevo troppo sfocato.
"Mh, fra qualche ora tornerai a vedere perfettamente." Disse, probabilmente aveva letto i miei pensieri.
Cercai di alzarmi senza ottenere un buon risultato. Si avvicinò a me e mi prese di nuovo.
Volò fino a casa, entrò aprendo la finestra della mia camera e mi portò sul letto.
Respiravo piano e mi sentivo così debole.
"Mi dispiace piccola mia, mi dispiace. Sarei dovuto venire prima. Perdonami. Non ti ho più vista e sono corso laggiù, ti ho cercata per così tante ore ma non ho trovato alcuna traccia, ti percepivo nella mia mente, ti sentivo gridare ma non riuscivo a capire da dove provenisse la tua sofferenza. Sono stato uno stupido, non sarei dovuto tornare qui, saresti stata molto più al sicuro. Scusami, scusami tanto. Scusami."
La vista migliorava sempre più.
"Non devi. Io..." Cercai di guardarlo negli occhi. "...ti amo. Ti amo... tanto."
"ti amo anche io, ma non sono abbastanza. Non avresti mai dovuto provare soffernze simili. Mai."
Gli poggiai un dito sulle labbra e chiusi gli occhi.
Sospirò e mi diede un bacio. Era umido. Entrambi stavamo piangendo.
"I polsi non riesco a curarli, sono troppo profonde"
Gli accarezzai i capelli, non mi importava.
"Scusami amore mio. Farò il possibile per farti stare bene. Te lo prometto."
Chiusi gli occhi, distrutta per tutto quello che avevo passato.
"Non lasciarmi." Disse quasi implorandomi.
Persi conoscenza subito dopo.

*

Riaprii gli occhi tempo dopo, infatti, il sole aveva salutato il giorno per fare posto alla luna che governava il cielo.
Lui era sempre vicino a me, inginocchiato davanti al letto, sul morbido tappeto arancione.
Mi aiutò a sedermi e non pronunciò nessun altra parola.
"Bill..." Lo chiamai.
"Dimmi piccola"
"Non preoccuparti più. Voglio solo sentire la tua voce dirmi che ora va tutto bene." Lo guardai, ora riuscivo a vedere meglio di sempre, era tutto così vivido e sembrava quasi nuovo anche se non lo era affatto, respiravo più lentamente del solito..
Accennò un sorriso.
"Mi sento profondamente dispiaciuto. Ho fatto troppo poco. Troppo poco."
"Bill, guardami."
Sollevai la maglietta.
"Tutte le ferite le hai guarite tu. Mi hai salvata. Mi avrebbe uccisa se non fossi venuto. Non devi scusarti. Non ne hai motivo."
"Ma..."
Poggiai l'indice sulle sue labbra. Le sue ali lo spinsero un po di più verso di me.
"Ma che fate!?" Esclamò seccato.
Sorrisi mentre si avvicinò ancora, baciandomi.
"Ti prometto che non accadrà mai più. Amore..."
Lo abbracciai, le parole non mi servivano. Sapevo che avrebbe mantenuto la promessa.
 
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Aneres
view post Posted on 12/3/2011, 10:52




complimenti non ho altre parole! complimenti per la fantasia la trama è veramente bella e coinvlgente..l'immagine di Bill è stupenda. Veramente brava...l'unica cosa, cerca magari di far capire meglio chi parla...nei dialoghi ho avuto qlc problema nel capire bene chi parlasse...ma per il resto brava brava! ^^
 
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view post Posted on 13/3/2011, 15:39
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Oh grazie! Sì, in effetti i dialoghi sono sempre abbastanza spinosi da gestire. Vedrò di far meglio *-*
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#4



« Sarò qui, al tuo risveglio »





Il suo languido sguardo si poggiò sul mio corpo. Sembrava avesse un peso, presente ma non pressante.
Mi voltai leggermente per guardarlo.
Un ciuffo corvino era poggiato sulla sua fronte, come segno del suo essere stato fermo in una stessa posizione per un bel po'.
Provai a sollevarmi per sedermi sul morbido materasso.
"No amore mio, non farlo."
Lo guardai interrogativa.
"Ti farà male la ferita. Aspetta, devo medicarla." Disse, rifugiandosi in bagno per prendere tutto l'occorrente.
Mi donava così tante attenzioni. Tutte quelle che nessuno mi aveva mai dedicato prima.
Si inginocchiò vicino a me e sollevò la maglietta.
"Solleva un po' il bacino amore." Seguii le sue istruzioni.
Mi tolse la fasciatura messa in precedenza, sporca di sangue.
"Puoi abbassarlo. Ora devo disinfettare la ferita. Ti brucerà." Mi avvertì.
Prese dell'ovatta e cominciò a tamponare.
Mi bruciava talmente tanto che chiusi gli occhi e strinsi forte le palpere.
Continuò per molto tempo.
Sentii finalmente sollievo.
"Ho finito." Disse semplicemente.
Respirai profondamente mentre avvolgeva i miei fianchi con una nuova fasciatura.
"Mi dispiace di averti fatto male." Mi disse mentre guardava le sue mani, intente ad abbassarmi la maglia.
"Non preoccuparti. Bruciava poco."
Si alzò e si sedette al mio fianco.
"Bill..."
"Dimmi."
"Quando mi hai portato via di lì, dove eravamo?"
"Su una nuvola."
Lo guardai. "Come?"
"Si, saresti... morta, se non ti avessi curata in fretta"
Presi il suo viso fra le mie mani e avvicinai il mio volto al suo.
"Ti amo" Mormorò e le sue labbra toccarono le mie.
Le ali si abbassarono tranquille, aderendo alla sua schiena mentre schiudeva le sue labbra, invitando le mie a fare lo stesso.
Erano morbide, calde, capaci di trasmettere quella manciata di dolcezza che riusciva a farmi dimenticare ogni cosa passata.
La sua lingua accarezzò il labbro inferiore, come un tacito invito ad essere sfiorata dalla mia, che accettò senza esitare.
Lo sentivo mio.
Il silenzio contribuì a far si che i nostri respiri regnassero nella stanza.
Lentamente si allontanò, forse per la posizione sicuramente scomoda in cui si trovava.
Non ricordavo avesse un piercing sulla lingua. Quella pallina di metallo mi aveva fatto provare una piacevolissima scarica di brividi sulla schiena.
Si sedette sul letto, dalla parte opposta, poichè c'era più spazio.
Sospirò.
"Vieni qui..." Mi sollevò un po' il viso.
"Amo baciarti. Non farei altro per sempre." Accennò un sorriso.
Sollevò un po' il suo corpo e spiegò le ali, in modo che potessi poggiare la testa sulle sue gambe.
Feci esattamente ciò che pensava. Sembravo un burattino fra le sue mani. I fili erano suoi e mossi con una tale abilità da farmi persino piacere questa manipolazione.
Poggiai il capo sulle sue gambe.
"Sei prevedibile piccola mia" Osservò.
"Non sono prevedibile, sono solo dipendente." Precisai, fissando l'armadio di fronte a me.
Abbassò il viso per guardarmi mentre le sue ali, finalmente, dopo un bel pugno di secondi, si acquietarono.
"Pensa, amore, che anche io lo sono, da te."
Poggiai una mano sulla sua gamba.
"Guarirà?" Pensai alla ferita.
"Si, guarirà." Affermò convinto.
"Ho paura che ritornino. Se mi prendono ancora? Io.. che posso fare? Non voglio soffrire come prima."
Mi accarezzò i capelli.
"Non ritorneranno più. Ci sarò io a proteggerti. Avevo sentito che qualcosa sarebbe accaduto, ma non ho potuto prevedere nulla."
Lo guardai con gli occhi lucidi.
"Oh no, ti prego." Penetrò la mia aima con un sguardo così pieno di amore che mi avrebbe vincolata a fare qualsiasi cosa per riceverlo ancora.
"Non piangere." Disse, mutando la sua espressione, trasferendo tutti i suoi sentimenti in un dolce sorriso, nel quale traspariva una tranquillità fouri dal comune.
"Ti proteggerò. Devi fidarti di me."
Spostai la testa sul cuscino e si stese vicino a me.
"Non possono più farti del male."
"Perchè?" Sollevai leggermente il volto per vederlo.
"Perchè dovranno prima allontanarmi da te, spezzarmi il cuore. Non ce la faranno."
"Come hanno fatto a riuscirci, allora?" Chiesi semplicemente.
"Ti hanno preso l'anima. Io non ero vicino a te, ricordi? Ero appena tornato e stavo spaventando Ian."
"Preso l'anima..." Ripetei, pensando ad alta voce.
"Si. Non è doloroso ed è lo spostamento più veloce."
"Non ce l'hai fatta a prendermi?"
"Ti ho vista sparire. Non ti ho afferrata in tempo."
"Sparire?"
"Si, diciamo che eri morta, ma avevi mantenuto il tuo corpo." Mi osservò.
"Davvero?"
"Si. Sei speciale." Disse rivolgendomi un tenero sorriso.
"Non direi." Smentii immediatamente la sua affermazione.
"Su, piccola mia. Pensa che io sono normale, nell'altro mondo. Sei tu che non lo sei per noi. E a me piace da impazzire."
Mi rivolse un piccolo sorriso malizioso.
"Quanto, precisamente?" Dissi ricambiando il sorriso e avvicinandomi a lui.
"Tantissimo" Disse, mentre giocherellavo con quella ciocca indisciplinata, che mi scivolava tra le dita.
Passò la sua lingua sul labbro inferiore.
Le sue ali si mossero velocemente per scuoterlo un po'.
Con la mano le scostò.
"Riposati amore, devi farlo in questo periodo. Fino a quando non ti rimetterai"
"Ma..." Mi interruppe, poggiando l'indice sulle mie labbra. Avrei voluto protestare.
Rimasi in silenzio quando allontanò la mano da me.
Si fermò per qualche istante, come se fosse timoroso di chiedermi qualcosa.
"Mi vuoi?"
"Cosa intendi? Ti ho già" Sorrisi.
"Vorresti fare l'amore con me?"
Lo guardai. "Perchè vuoi saperlo?"
"Vorresti?" Chiese ancora.
Rimasi in silenzio.
"Dimmi solo sì o no."
"Mh... ci ho pensato." Mormorai.
"Devo parlarti di questo, piccola."
Cominciò a parlare, dicendomi che se ci fossimo lasciati andare sarebbe accaduto qualcosa di semplicemente straordinario: sarei diventata un angelo, come lui.
"Ciò equivale a dire che morirei?"
"No, non morirai. Avrai le ali e i privilegi di essere un angelo, da umana. Sarai però più vulnerabile, fragile. Il tuo fisico reagirà e devi esserne consapevole."
"Grazie per avermelo detto." Ero un po' timorosa della risposta che avrebbe dato il mio corpo, se avessimo deciso di farlo.
"Ti dovrai semplicemente fidare di me." Mi accarezzò la guancia.
"Di solito gli angeli non possono avere rapporti con gli umani, di nessun tipo. Però sei diversa."
Ero felice. Infondo era solo con me. Pensai a tutte le persone nella mia situazione. Un amico o, peggio, un parente stretto o la persona che aveva occupato il cuore, scomparire per non tornare più. Con me era stato diverso e mi sentivo solo onorata.
"Tu hai sofferto troppo per me, troppo. Non avresti dovuto e gli angeli bianchi mi hanno permesso di rimanere con te."
Lo abbracciai.
"Ti amo piccola."
"Anche io"
Si avvicinò e mi diede un bacio sulla fronte.
"Riposati." Mi ordinò tranquillamente.
Rimase lì, offrendo il suo petto affinchè vi poggiassi i viso.
Chiuse gli occhi mentre mi riscaldavo con la coperta e, quando mi avvicinai a lui, sentii il suo cuore battere e il suo corpo scaldarsi.
"Sarò qui, al tuo risveglio." Sorrise e mi baciò, accarezzandomi i capelli e scendendo fino al collo.
"Ti amo." Mormorai.
"Anche io amore, anche io"
Mi strinse a sè, concentrandosi sul battito del suo cuore, che era perfettamente in armonia con il mio respiro.
 
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Aneres
view post Posted on 13/3/2011, 21:59




bella bella bellissima! Sono innamorata di questa ff! E' leggera delicata...incantevole.... *_* bravissima non leggo ff (anche xè ho pochissimo tempo) ma la tua l'aspetto sempre cn ansia! brava <3
 
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view post Posted on 15/3/2011, 21:36
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oh ma che dolce che sei.
Posto per te <3


#5



« E' stata tutta colpa mia.»




Aprii faticosamente gli occhi dopo una serena nottata tra le sue braccia.
Mi risvegliai esattamente nella stessa posizione in cui mi ero addormentata; ciò mi diede l'impressione di essermi realmente riposata soltanto qualche minuto.
Richiusi pigramente gli occhi.
"Buongiorno" Mormorò.
"Buongiorno" Bofonchiai ancora in preda alla sonnolenza.
"Dormito bene, amore?" Mi chiese.
"Oh si, benissimo." Sorrisi.
Nella sua voce era presente una quasi impercettibile macchia di freddezza, che riuscii a captare a causa dello sguardo, meno intenso e opaco.
Era forse stanco.
"Sei stanco, Bì?"
"Mh no. No perchè?"
"Perchè il tuo sguardo è più spento del solito."
Strinse le mani in due pugni serrati e forti.
"Qualcosa non va" Mormorai.
"No, tranquilla. Mi sento un po' debole."
"Oh, allora riposati. Io non posso muovermi di qui" Sorrisi.
Accennò un sorriso per rispondere, quasi a stento.
Mi voltai sul fianco sano, verso di lui, sporgendomi un po' per baciarlo.
Quando toccai le sue labbra con le mie, istintivamente chiusi gli occhi.
Per un istante che mi sembrò durare ore, vidi il viso quel demone che mi aveva torturata.
Mi allontanai velocemente, spaventata per ciò che mi sembrava aver ritrascorso, con immagini chiare e definite.
"Che hai?" Inclinò un po' la testa.
"Ho... ho visto quel demone... quello che..."
"...ti ha torturata?"
"Si." Abbassai lo sguardo.
"Ora spiegami..." Cominciò la frase alzandosi in piedi.
"...come hai fatto a vedere quel demone? Come hai fatto?" Chiese con un'insistenza atipica, da parte sua.
"Non lo so. Non so come ho fatto."
"Ah, ok. Scusa." Si accovacciò al mio fianco, percorrendo, prima, il perimetro del letto.
"Non preoccuparti."

***

Era orario della medicazione, purtroppo.
Bill era vicino alla finestra, le ali immobili, non si erano mai scosse o spiegate, da quando mi ero svegliata.
"Bill, per favore, mi puoi prendere le bende?"
"Oh si, dove sono?"
"Le hai prese ieri." Sorrisi. "Il posto è sempre quello."
"Oh. E' vero." Disse, leggermente spaesato, guardando prima me, poi la porta del bagno.
Si diresse lì e ne uscì dopo un po' di tempo.
"Ecco a te" Disse porgendomi il rotolino bianco.
"Grazie." Quando tolsi la fasciatura, lui sembrò quasi inebriato di quella vista.
"Ti fa male?" Chiese avvicinandosi.
"Beh si. Meno di ieri però." Mi toccò il fianco sano per lasciare scivolare la mano sulla ferita.
Quando la poggiò su, ebbi la sensazione che mi si conficcasse un coltello all'interno.
"Bill, ti dispiace allontanare la mano, per favore?" Mormorai, cercando di trattenere il dolore.
"Zitta, zitta. Aspetta." Continuava a ripetere anche se aveva capito che non ne potevo più. Premeva.
Scostai la sua mano con la mia.
Non era da lui farlo. Non era da lui persistere nel farmi del male. Non era da lui costringermi ad allontanarlo.
Quando lo baciavo mi sentivo così bene, mentre quella mattina era stato l'esatto contrario e il suo corpo sembrava debole, le sue ali, stanche.
Perchè non ricordava dove si trovavano le bende? Perchè non mi aveva dato una mano a medicarmi?
La risposta alle mie domande esisteva e ne ero terrorizzata al solo pensiero.
Dov'era il mio angelo? E se quell'essere che era nella mia stanza l'aveva ucciso?
Le bende mi aiutarono ad alzarmi, tenendo uniti i lembi della ferita.
"Non sei Bill, vero?" Dissi tanto velocemente, quanto in ansia.
"Come? Non dovresti stare in piedi." Concluse per tagliar corto, cambiando argomento.
"Vuoi rispondere?" Ribattei.
Sospirò e le sue iridi, a contatto con la luce solare, si striarono di un, forse troppo, familiare colore rossiccio.
"Sono io." Continuò senza mostrare il minimo cenno di esitazione.
"No, non sei..."
"... il tuo angelo?" Rise mentre i miei occhi si fossilizzarono sul suo corpo longilineo, slanciato, esile, così simile al suo.
"Dov'è lui?" Mi sentii morire dentro per l'ira crescente, consideravo, infatti, che non avrei potuto camminare o muovermi con facilità, per scappare.
"E' qui, davanti a te. " Accennò un sorriso.
"No, non è vero. Che gli hai fatto?" Avevo così tanta paura per lui.
"Questo corpo che tu desideri così tanto è solo occupato da me, il tuo angioletto è intrappolato qui dentro."
"E'..." Rimasi atterrita. L'aveva posseduto.
"Lascialo in pace. Lascialo andare." Non avevo idea di come liberarlo, come tirarlo fuori.
"Non hai idea della strenua lotta che sta compiendo. Combatte con tutte le sue forze per riavere la sua mente. Ciò mi dimostra la sua forza."
Sicuramente non sarebbe stata un'ottima idea rimaere lì ma non potevo, certamente, lasciarlo solo.
"Può continuare per l'eterità. Non ci riuscirà. Sai, Anny, quando è vicino a te è... vulnerabile, debole."
Sorrise soddisfatto.
"Non avevi intenzione di fare l'amore con me?" Disse puntando i suoi occhi su i miei.
"Non... non con te."
"Ma sono lui. Cosa c'è di diverso?" Sorrise quasi affabilmente, avvicinandosi.
"Tutto."
"Mh, non riuscirai a cacciarmi da questo così confortevole corpo. Dovresti ucciderlo."
Impallidii.
Non potevo ucciderlo. Cosa sarebbe successo a lui, se l'avessi fatto?
Ero così confusa.
"Mh, sei una piccola e indecisa umana. Prima di ucciderti, mi piacerebbe farti assaporare alcuni momenti della tua così tribolata adolescenza"
Schioccò le dita e una sfera luminosa ci investì entrambi.

***

Il mio corpo era steso sul dell'erba sottile e fresca.
L'aria era pungente, probabilmente era inverno inoltrato.
Aprii gli occhi, distinguendo, in modo distorto, o meglio, girato, le forme di un gruppo di uomini vestiti di nero.
La ferita mi doleva tanto ma dovevo alzarmi, per capire dove mi aveva scaraventata.
Finalmente i miei occhi si adattarono alla luce di quella mattina assolata e gelida.
Bill, o meglio, lui, mi guardava immobile, piazzato davanti mentre, con non poca fatica, riuscii a sollevarmi.
"Bene." Affermò mentre spostava il suo sguardo su quel gruppo di gente.
"Ti chiederai certamente dove siamo." Sorrise leggendomi nel pensiero.
"Vai sempre dritto e capirai. Volevo ricordarti qualche tua sofferenza, prima che ti uccida."
Ero terrorizzata da ciò che sarebbe successo dopo. Allontanandomi, forse, avrei trovato una via di fuga.
Mi avvicinai a quel gruppo di persone per chiedere aiuto.
Tra quelli notai una figura così simile alla mia. Non potevano vedermi.
Ero nel passato, ecco perchè risultavo invisibile.
Mi si raggelò il sangue nelle vene mentre sentivo la fredda e incombente presenza di Bill dietro di me.
"Ti ricordi questo giorno, vero Anny?" Mi chiese tranquillmente, quasi mormorando.
Il mio sguardo passava veloce su ogni dettaglio: i fiori, tanti, bianchi. Un corpo, quello di Bill, chiuso in quella bara e il mio viso, dilaniato dal dolore.
Perchè continuavano a mostrarmi quello che avevo passato?
"Ti chiederai se Bill non abbia sofferto a lasciare il tuo mondo; beh, lui è stato un esempio di profonda disperazione, tanto da rischiare di morire, come angelo, sotto nostra mano, per te." Disse.
Non riuscii a controllare la rabbia e mi avventai verbalmente su di lui.
"Vattene. Lascialo in pace. Non c'entra niente. Uccidi me ma lascialo!"
"Mh, sai, non sarebbe affatto male la tua proposta." Ragionò, esplicitando un suo pensiero.
"Se tu morirai, diventerai un'anima vagante. Poche persone hanno la fortuna di diventare angeli, mia cara. Non ti troverà più. Ti dimenticherà. Non avrà più nulla da perdere e verrà da noi" Continuò.
"Non verrà da voi. Perchè lo troverò io."
Rise divertito.
"Non ci riuscirai."
Detto ciò rimase in silenzio assoluto, godendosi la scena che gli si presentava davanti.
Continuava a martellarmi la mente la paura della morte. Non volevo perderlo per alcun motivo poichè era tutto ciò che avevo.
Schioccò le dita e, nello stesso tempo di un battito di ciglia, tornammo a casa mia, quasi sicuramente nel mio tempo.
"Bene, ora che ho esplorato un po' il vostro passato, direi che potremmo concludere il tuo viaggio." Sorrise.
"Esci da lì, ti prego." Lo guardai.
"Oh mia cara, non adesso, non proprio ora."
"Adesso." Pronunciai quella parola con una fermezza fuori dalla mia normalità.
Sbuffò e mosse un po' la mano.
Sentii la esatta sensazione di cadere nel vuoto, anche se ero ferma, immobile dov'ero rimasta.
Mi sentivo come un topolino in trappola.
Aveva immobilizzato le mie gambe.
Nuovamente mosse la mano sicuramente con l'intento di uccidermi.
Presi il primo oggetto che mi capitò sotto il palmo della mano e riparai la mia testa.
Naturalmente, data la mia orrenda propensione a sbagliare nei momenti meno opportuni, afferrai uno specchio.
Era uno dei migliori ricordi della mia infanzia.
Me lo regalarono per il mio settimo compleanno e mi piacque moltissimo. Provavo una tale curiosità per quell'essere riflesso in quel pezzo di vetro, ornato da una corinice dorata. Pensavo nascondesse un mondo diverso ma uguale, completamente.
Chiusi gli occhi, stringendo forte le palpebre.
Dopo poco le riaprii e capii di essere ancora viva.
Mi guardai intorno. C'era silenzio, un silenzio che mi uccise.
Lui era a terra, con occhi chiusi, probabilmente esanime.
Sentii il cuore pulsare molto forte. Lo specchio aveva fatto rimbalzare quello che il demone mi aveva lanciato contro.
Lo lasciai sul letto e corsi vicino al suo corpo.
"Oh no. No ti prego."
Il mio angelo. Era stata tutta colpa mia.
Questa volta l'avevo perso per sempre.
Ero stata egoista, lui aveva sofferto molto più di me, meritava di rimanere angelo.
Era stata maledettamente colpa mia.
 
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Aneres
view post Posted on 16/3/2011, 22:10




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adesso postaaaaaaaaaaaaaaaa
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# 6

«Marlène »






Mi inginocchiai vicino a lui e sentii, durante quel movimento, una violenta fitta al fianco. Non prestai attenzione a quello, era l'ultimo dei miei pensieri.
"Bill..." Mormorai.
Percorsi il suo corpo con lo sguardo: non c'era segno di alcun movimento, nè ferite.
"Ti prego, ti prego non..." Mi interruppi.
Una luce brillante penetrò dalla finestra. Entrò un angelo bianco, bellissimo.
Mi invitò a rivoglerle la parola anche se non sapevo cosa dire.
Si avvicinò e mi guardò abbassando lo sguardo lentamente, facendomi intendere che era finita.
Tutto era finito per colpa mia.
Se non fosse tornato non gli avrei creato alcun problema ma, oramai, l'avevo perso per sempre.
Sapevo che prima o poi anche i miei ricordi sarebbero diventati più chiari, dissolti.
Poggiai il braccio sulla sua schiena alata e la sollevai, poggiandone la base sulle mie gambe, sollevandogli un po' il busto.
La mia mano la percorse velocemente per cingergli la nuca.
"Dimmi che tornerà" Dissi all'angelo che mi guardava che scosse un po' il capo.
"Dimmelo! Ti prego..." Guardai prima lei poi il volto di Bill, sentendo i miei occhi pieni di lacrime.
"Perdonami." Mormorai accarezzandogli il volto arrivando fino al suo petto.
Sentivo tutto così ingiusto. Il mio cuore continuava a pulsare, diventato solo un inutile muscolo, che gli avrei donato senza pensarci.
L'angelo bianco appoggiò la sua mano sulla spalla.
Strinsi a me il suo corpo esanime. Mi avrebbe segnato per tutta la vita il rimorso di averlo ucciso.
Continuai ad accarezzarlo per molto tempo e realizzai, purtroppo, che non ci sarebbe stata alcuna speranza.
L'angelo lo adagiò sul letto, dal lato dove poche ore prima mi sorrideva felice, innamorato, e, subito dopo, scomparve.
Rimasi sola con lui.
Ul silenzio assordante, opprimente dominava ogni cosa.
Proprio la sera prima, quando avevo chiuso gli occhi tra le sue braccia, sentii i battiti del suo cuore, che pulsava solo perchè gli ero accanto.
Mentre mi accarezzava, la sua dolce voce mi ripeteva che sabbe rimasto con me.
Gli angeli non possono morire.
Era semplicemente assurdo. Le anime non posono morire!
E invece no. Due volte era stato allontanato da me.


***

Durante il giorno successivo non feci altro che vegliare su di lui. Alltri angeli spesso gli portavano doni.
Probabilmente era speciale, lassù.
Tornò anche quell'angelo stupendo, candido, capace di infondere serenità a chiunque, tranne che a me.
Era sera, circa le otto, quando arrivò.
"Ciao piccola umana..." Mi disse, accennando un sorriso.
"Buonasera" Mormorai.
Ero stanca e debilitata e probabilmente se ne accorse.
"Grazie per aver vegliato su Bill. Ti amava con tutto sè stesso."
"Lo so e l'ho tradito." Dissi ripensando alle immagini del giorno precedente.
"Non devi sentirti in colpa per quello che è accaduto." Si sedette al mio fianco, scrollando un po' le ali, come faceva Bì.
"L'ho ucciso." Dissi semplicemente, quasi con freddezza.
"Non l'hai ucciso tu. Non è stata tua la responsabilità. I demoni sono malvagi. Non hai potuto prevedere ciò che..."
"Ma è successo! E' successo e ora è morto. Di nuovo!" Dissi alzando la voce, interrompendola.
"Non lo meritava." Mormorai stringendo le mani in due pugni serrati.
Amorevolmente mi abbracciò. Lasciandomi sfogare con tranquillità.
Era premurosa come una mamma nei confronti del suo bambino. Mi guardava teneramente e mi accarezzava i capelli.
"Come... come ti chiami?" Le chiesi tra un singhiozzo e l'altro.
"Marlène" Disse dolcemente.
"Grazie, Marlène" Strinsi il suo vestito candido.
"Tornerà da te. Non si è mai arreso." Sentenziò.
"E' morto. E' morto." Ripetei. Non era possibile che tornasse.
"Ma quando con te è vivo! Quando è con te si sente completo. Il suo cuore batte." Disse illuminata.
"Come... come fai a saperlo?"
"Lo sento. Sono nata per dare conforto alla gente. Ma per Bill non c'era bisogno. Aveva solo bisogno di te"
Dedussi che era un angelo molto più potente di lui. Protettiva, dolce, forte, amorevole, affettuosa, coraggiosa e con quelle ali splendenti, dotate di bianche e vellutate piume.
Era bellissima.
Lentamente sciolsi l'abbraccio e tornai in ginocchio vicino a lui.
"Posso guarirti la ferita al fianco." Sorrise.
"Sul serio?" La osservai.
"Si, stenditi." Disse premurosa.
Andai dall'altra parte del letto e mi stesi.
Si posizionò in corrispondenza della ferita e mi sollevò un po' la maglietta.
"Ti brucerà." Disse posando le sue mani leggere su.
"Non fa nulla..." Ricordai il dolore patito che, sicuramente, era stato molto più forte rispetto a quello della guarigione.
Chiusi gli occhi e sentii un forte bruciore sul fianco sinistro che, in una manciata di secondi, terminò.
"Fatto." Disse risistemandomi la maglietta.
"Grazie" Mi alzai e la guardai profondamente.
"Vai da lui." Disse quasi per incoraggiarmi.
"Credo che dobbiate portarlo da voi lassù. Non potrà stare qui per sempre, purtroppo." Infilai una mano fra i capelli, mentre l'altra accarezzava la sua, immobile.
"Mi manca da morire." Mormorai, chinandomi su di lui e poggiando il viso sul suo petto.
Il suo corpo era innaturalmente freddo.
"Non è morto" Disse l'angelo.
"Si, lo è." Mi sollevai. Il suo profumo mi stava facendo soltanto del male.
"Non lo è, ti dico. Bacialo." Mi ordinò con una serietà anomala.
Le rivolsi uno sguardo stupito e confuso.
"Fallo, ora." Chiuse gli occhi, come se, se avessi perso quel momento, non l'avrei mai più potuto fare.
Mi avvicinai al suo viso e lo baciai.
"Poggia la mano sul petto." Continuò quasi contemporaneamente a quello che stavo facendo, senza suo ordine.
Sentii un rumore sordo, non facilmente descrivibile. Era stato strano, veloce, netto e pieno. Provenì dall'interno del suo corpo.
Mi spaventai e mi allontanai subito.
"Non devi preoccuparti. E' il cuore. Ti prego bacialo ancora. C'è possibilità che guarisca. Ma devi far presto." Mi incitò.
Lo baciai ancora e, davanti ai miei occhi, passarono tutte le immagini della mia vita con lui, il nostro incotro a scuola, la prima volta che l'avevo sentito cantare, i compagni che lo prendevano di mira, le uscite a pranzo, le passeggiate e le nottate a sognarlo, la sua morte, la sua ricomparsa, il primo bacio da lui ricevuto, la prima carezza, abbraccio.
Durò forse un attimo, forse di più. Mi sembrava una percezione più lenta di qualcosa che avvenne così velocemente.
L'angelo mi scansò bruscamente da lui stringendomi a sè.
Una strana luce lo avvolse, rossiccia e non troppo brillante.
Qualcosa, simile ad una nube dello stesso colore spirò fuori dal suo petto e sprofondammo tutti nel buio; buio denso ed opprimente, nel quale sembrava mancare l'aria.
Le ali dell'angelo ci avvolsero.
"Il demone è morto, piccola." Disse seria.
Chiusi gli occhi e aspettai. Quel totale buio si trasformò in luce sempre più forte, che quasi mi accecò anche se non avevo lo sguardo poggiato su qualcosa.
"Dove siamo?" Chiesi ponendo la mano simile ad una visiera.
"Nell'anima di Bill, suppongo. Ti ci ha trascinata dentro." Disse alzando un po' la voce.
"Nell'anima." Ripetei quasi incredula.
"Non preoccuparti, l'oscurità è terminata e non tornerà più. Ora c'è soltanto luce. Trovalo e riportalo da te. E' merito tuo se è vivo."
"E' vivo? Davvero?" Sciolsi l'abbraccio e la luce mi guidò verso una scia, simile ad un corridoio luminoso.
Lo percorsi interamente e un bagliore simile ad un flash mi portò in un mondo rigoglioso, fiorente, colorato, pieno di nuvole.
Entrai timorosa e mi voltai numerose volte alle spalle. Vidi Marlène che mi aspettava, sorridendomi.
Ora dovevo soltanto trovarlo. Mi stava aspettando, o almeno, percepivo quella martellante sensazione.
Mi avvicinai ad un albero grande per ripararmi dalla luce. Esso possedeva fiori particolari, con petali arancioni e grandi, che lo rendevano meraviglioso.
La sua anima era davvero così pura e buona? Come faceva ad esserlo e come ero riuscita ad entrarci?
Guardai un ruscello e mi avvicinai. Dei pesci di piccole dimesioni, con le squame colorate e scintillanti, saltavano e nuotavano velocemente, ispirando in me una tranquilla sensazione di spensieratezza, tipica degli anni più giovani della vita.
Proseguii ancora, verso un luogo protetto da rami e foglie.
Una volta scostate, il paesaggio che si poneva davanti ai miei occhi era totalmente differente.
Il cielo aveva assunto le stesse tonalità del tramonto, mentre il sole splendeva timido nel cielo e una distesa infinita di mare dominava la terra.
Sentii granelli di sabbia, a causa del vento che sospirava dolcemente, tra i capelli.
Mi guardai intorno e decisi di proseguire verso destra.
C'era qualche scoglio che attirava il mio sguardo, poichè riuscivo a distinguerne solo l'ombra, essendo il tramonto.
In lontananza un movimento meno tranquillo rispetto a quelli consueti del paesaggio nel quale mi trovavo, mi spinse ad accellerare il passo.
 
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Eudaimon
view post Posted on 23/3/2011, 17:35




Urca, è proprio bella! Attendo aggiornamenti anche io... Tanti complimenti, scrivi davvero bene <3
 
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view post Posted on 1/4/2011, 21:23
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Oh ma grazie <3

Posto!



#7


« Il mio posto preferito. »







Avvolto fra le ali c'era lui. Steso sulla sabbia.
Le meravigliose appendici del suo corpo si scrollarono.
"Bill!" Mi avvicinai, inginocchiandomi al suo fianco.
"Amore" Mormorò voltandosi.
Era così debole.
"Scusami, scusami per tutto quello che hai passato." Lo aiutai a sedersi, per abbracciarlo e appoggiarsi a me.
"Non devi." Mi accarezzò la schiena.
"Vieni a casa, ti prego."
"Non posso." Sembrò che volesse azzardare l'affermazione.
"Perchè?" Gli domandai.
"Ti creerei ancora problemi. Meglio smetterla." Lo guardai.
"Ti prego. Io ho bisogno di te." Mi si strinse il cuore nel petto. Quel peso insopportabile che si manifestava quando qualcosa non andava bene o si aggravava, influendo sul mio animo.
"Non voglio crearti problemi. Non più." Proseguì, sospirando.
"Sono un'egoista, ok?! Per stare bene, ho necessità che tu sia al mio fianco. Se non ci sei sto male." Dissi quasi inconsciamente. Non ne avevo alcuna intenzione.
"Ti farei più del male standoti vicino." Concluse. Ogni suo ragionamento, espresso con così tanta serietà, mi dava la prova che non mi avrebbe seguita, se non l'avessi convinto davvero.
"Amore sei tutta, tutta la mia vita. Ti amo e vorrei trascorrerla con te. Stare insieme per sempre. Questo cuore non mi serve, se non ci sei."
Mi guardò profondamente, credo volesse che continuassi a parlare.
"Tutto quello che ho subìto, l'ho fatto per te. Solamente. E potrei anche morire." Gli presi il viso fra le mani.
"Lo so.." Mormorò. "Per causa mia." E abbassò lo sguardo.
"Amore, guardami." Gli ordinai con calma.
Lui mi rivolse uno sguardo dispiaciuto.
"Rimani con me." Lo implorai.
"Non posso. Non vedi cosa ho causato? Hai rischiato la morte due volte! Si fermeranno? Io non credo." Si allontanò.
"Non mi interessa, Bill! Ti amo, ti amo da morire." Pronunciai, ponendo in gioco la mia anima.
"Anche io! Per questo è meglio che non torni più. Ti guarderò, veglierò su di te ma non mi vedrai più. Non dovrai più soffrire per amarmi."
"Smettila! Smettila ti prego. Non soffro per amarti. Ho sofferto per averti vicino! E ora che sparisci ogni nostro sforzo sarà vano!" Ragionai nervosamente. Il solo pensiero che avrebbe dovuto lasciarmi volontariamente mi uccideva.
Sembrava fosse senza parole.
Mi sentii subito in colpa per averlo aggredito.
"Se vuoi andartene è una tua scelta... tu... tu sai come la penso." Presi una manciata di sabbia e la lasciai scorrere fra le dita aspettando una sua risposta. Era calda, finissima e quasi bianca.
Il suo sguardo su di me era così presente che preferii evitare di incontrare i suoi occhi.
Le sue ali si mossero più volte quando, durante una di quelle, mi sfiorarono la schiena. Credo lo stessero spingendo verso di me.
Mi voltai e le sue mani si posarono sui fianchi. Mi baciò.
Chissà perchè mi si incise così tanto. Provocò in me un ricordo indelebile.
Si allontanò lentamente. "Non cambierai idea, eh?" Mi guardò come quando un genitore premuroso rimprovera il suo bambino.
"Esatto." Dissi convinta.
"Voglio sentirti vicina, vieni qui." Mi strinse tra le sue ali e gli accarezzai la schiena.
Quando sciolse l'abbraccio lo aiutai ad alzarsi.
"Questa è la tua anima?" Spostai lo sguardo sul suo viso, attendendo una risposta.
"Mh no. Non esattamente. Mi sono rifugiato qui, nel mio mondo. E' un posto che ogni angelo nero possiede. In realtà fino ad ora l'ho scoperto solo io" Abbassò lo sguardo.
"Non ti ritieni fortunato? E' tutto così bello." Mi guardai intorno, fermandomi sull'orizzonte.
"Oh si. Ha impedito al demone di uccidermi prima che lo facesse il suo colpo. Non ero...mh, morto. Ero semplicemente nascosto qui. Solo che quando mi hai baciato, mi hai 'risvegliato' da questo posto." Spiegò.
"Qui ogni cosa è creata da me. Ci sono tanti diversi luoghi che mi piacerebbe mostrarti. Potrai venire quando vorrai. Sarà il nostro posto. Solo per noi due." Sorrise dolcemente e mi prese per mano.
"Vieni adesso, dobbiamo rassicurare un angelo che è stato molto in pena per te." Lo guidai da Marlène.
"Marlène?" Cercò di indovinare.
"Sì, proprio lei. E' meravigliosa, vero?"
"Oh si. Le devo molto." Ritornammo in quella specie di foresta incantata e, successivamente, raggiungemmo la creatura che ci stava ancora aspettando.
"Oh eccovi qua! Temevo che rimaneste lì ancora per molto!" Sorrise e strinse Bill, baciandogli affettuosamente le guance.
Lui la strinse felice e un bagliore ci avvolse. Tornammo in camera mia.
"Non è passato nemmeno un attimo." Osservai.
"Nemmeno uno, piccola mia. Il tempo non passa" Mi spiegò e Marlène, dopo averci salutati calorosamente, sparì, avvertendoci che sarebbe tornata a trovarci.
"Vuoi venire con me, di nuovo?" Mi propose, dopo un attimo di silenzio assoluto.
Lo guardai sorridendo e lo presi per mano.
Non seppi esattamente come facesse a portarmi con lui, ma in meno di un attimo ci ritrovammo lì e saremmo potuti rimanere lì per sempre, senza che passasse il tempo.
"Ti porto nel mio posto preferito." Sorrise e mi guidò sulla spiaggia.
"Stringimi." Non capii immediatamente il suo dolce comando. Spiccò il volo prendendomi in braccio.
Lo strinsi davvero forte, per l'improvvisa azione da lui compiuta.
Volò per un brevissimo tratto di cielo. Le sue ali erano così potenti ma allo stesso tempo eleganti.
Mi posò su una grande massa soffice e fresca, sembrava quasi uno sconfinato batuffolo di ovatta.
"Questo è il luogo che preferisco, in assoluto" Osservò.
"Le... nuvole?" Sorrisi. "Non mi è ancora chiaro come mai non cada giù."
"Perchè sono..." Si avvicinò, sfiorando la sua fronte con la mia.
"speciali." Sorrise e mi baciò.
"Stenditi, sono così morbide" Mi abbracciò e si stese, tirandomi con lui. Gli ero quasi sopra, con la testa sul suo petto.
Sospirò e sollevò quasi pigramente una mano, iniziando a giocherellare con una ciocca dei miei capelli.
"Ti piace?" Mi chiese tranquillamente credo riferendosi non solo alla nuvola.
"Si, molto." Accennai un sorriso.
"Sei mh...mi attrai. Sempre." Sembrava sincero.
Rimasi un attimo spiazzata dalla sua docile ma, avevo il sentore, provocante affermazione.
"Credo che sia reciproco." Dissi mantenendomi un po' sul vago. Non ero sicura di voler affrontare qualcosa di più poiché ne ero leggermente spaventata. Niente di particolare, comunque. Presumo rientrasse nella normalità. E dire che quando lo avevo vicino, ogni freno o controllo mi sfuggiva. Non era ciò che volessi, anche perchè avevo ancora così tante domande da fargli.
Durante quel silenzio la mia mente formulò un pensiero, forse totalmente fuori posto, ma non mi interessava affatto.
"Da quando sei morto fino al tuo ritorno da me, sono passati oltre dodici mesi. Dov'eri?"
I suoi occhi nocciola si soffermarono sui miei, non riuscii a capire se provasse qualcosa di particolare, se non un velo di sorpresa.
"Ero... in cielo." Disse. Paragonai la risposta a quella di un marito che cerca disperatamente una scappatoia per evitare di parlare alla moglie di una relazione extraconiugale.
"In cielo? Non sei stato tu il primo a dirmi che il paradiso non esiste?" Continuai quasi curiosa.
"Sì, infatti non ho detto che lo sia." Rispose con garbo, come per spiegare qualcosa di troppo complesso, da semplificare al minimo.
"Come mai sei... sceso da me solo dopo un anno? Non hai potuto prima?" Gli chiesi sinceramente, temendo di aver perso tatto.
"Non ho potuto prima." Si limitò a ripetere.
"Mistero?" Incalzai.
"Tutto a tempo debito, amore." Mi lanciò uno sguardo che sembrò voler dire 'lo saprai in futuro'.
"Anche il fatto che io ti abbia rivisto? Perchè gli altri non hanno un angelo come me. Non riesco a capire molte informazioni." Ragionai ancora.
"Non preoccuparti" Disse con noncuranza, tirandomi un po' a sé. Non voleva parole.
"Ma... niente di pericoloso?" Almeno.
"Amore, è pericoloso anche adesso." Proseguì, penetrante con lo sguardo. Ciò voleva semplicemente dire che lo è stato e lo sarà.
"Adesso no. Ci sei tu." Accennai un sorriso. Mi sentivo protetta, stando al suo fianco.
"Poi, volente o nolente, mi devi sopportare. Devi proteggermi, sei il mio angelo custode." Continuai.
"Devo proteggere il tuo corpo." Precisò.
"E l'anima no?" Inclinai leggermente la testa.
"Sì, anche quella, ma principalmente il corpo. E' lì che tu la custodisci." Mi spiegò.
Sembrava che lo tormentassi con tutte quelle domande, anche se dalla sua espressione sembrava divertito.
"Tornerò con te, a scuola." Mi informò.
"Ma non.. sei morto! Se ti vedranno penseranno che..." Iniziai a farfugliare.
"Sssh. Tranquilla..." Disse, ponendo l'indice sulle mie labbra.
"Ci penserò io..." Sorrise.
Non mi ostinai a chiedergli 'come'. Perchè ero certa che ne avrebbe avuto abbastanza.
"Quindi, tu sei un essere pericoloso." Cercai di rimanere più neutra possibile, anche se, subito dopo aver pronunciato la frase, mi sembrò di aver scatenato in lui tutto, tranne che tranquillità.
“Mh, sì. In teoria.” Accennò un sorriso malizioso. Lo sapevo!
“Ah...” Evitai di andare oltre. Possedeva notevolissime capacità di seduzione e persuasione. E le sapeva anche usare.
“Perché me lo chiedi?” Disse sfidandomi.
“Mh, nulla.” A parte che per un qualsiasi essere umano l’ignoto era uguale a paura ed eccitazione, nient’altro.
“Credo, e ne sono quasi fermamente convinto, che l’angelo tra noi due sia tu.” Affermò con determinazione.
“Non saprei. Io non ho le ali.” Dissi, buttandola sul piano fisico.
“Ma sei bella, dolce, non faresti mai del male a nessuno. E non smetterò mai di dirti grazie per ciò che hai fatto per me.” Tirò un respiro.
“Anche tu non ne faresti.”
“Angelo mio, ho più forza di quanta tu credi. Giuro che potrei uccidere, se volessi. Sono molti gli esseri che vorrei realmente fuori dai piedi. Per rendere il mio mondo migliore. Ma non posso. Non posso perché le ali sono ciò che ho di più importante. Mi donano moderazione. Senza quelle, sarei meno controllato. Gli angeli possiedono uno sconfinato autocontrollo. Per questo, non ho ancora accennato a possibilità di far qualcosa, rimanendo solo con te.” Accennò un sorriso, né per felicità, né per soddisfazione. Semplicemente perché, evidentemente, gli sarebbe piaciuto perderlo, quell’autocontrollo. Per quanto riguardò la mia situazione non ne ero poi così scontenta e stupita del fatto che mi aveva apertamente detto che avrebbe ucciso e ‘tolto dai piedi’ alcuni esseri in modo così drastico. Mi fidavo di lui.
“Cioè tu... uccideresti?”
“Purtroppo, sì.” Rispose sospirando.
“Ah.” E io, sarei stata tranquilla?!
“Tu sarai al sicuro. Anche se sei così dolcemente vulnerabile e fragile. Un’umana perfetta. Anche se, forse, si è innamorata dell’essere sbagliato.” Disse.
“Non ricominciare Bill... ti amo, questo conta. Mi sarei innamorata di te. Mi ero innamorata di te e sarò innamorata di te. Stop.” Dissi cercando di apparire talmente forte nel pensiero da non farlo preoccupare oltre.
“Se sei così tanto innamorata come dici, perché non mi baci?” Proseguì sfidandomi.
“Stupido.” Mi avvicinai e lo baciai. Ne ero dipendente e completamente sua. O almeno, così mi sentivo.
Poggiò le mani esili e affusolate sui miei fianchi, stringendo con leggerezza, schiacciando il mio ventre contro il suo. Sembrava avessero lasciato scivolare qualcosa di gelido sulla schiena, per tutti i brividi che percepivo. Mentre muovevo le mie per accarezzargli il viso, velocemente ribaltò la situazione, bloccandomi per i polsi, oramai quasi guariti per l’influsso di Marlène. Cosa stava facendo?
“Come vedi, in un attimo, potrei ucciderti.” Mi disse, quasi gelido ma divertito. Ciò mi fece capire che avrei potuto stare tranquilla, non sarebbe accaduto nulla di male.
“Ma …?” Continuai.
“Ma non lo farò. Perché ti amo da impazzire.” Poggiò le mie mani sulla sua schiena guidandole sotto le ali, lasciando che si aggrappassero al bordo dei suoi jeans scurissimi mentre sentii i suoi, non molto pronunciati, muscoli, contrarsi per via del mio tocco.
“Ti amo anche io.” Mormorai quasi febbricitante, per quanto mi era salita la temperatura.
“Ti voglio mia.” Pronunciando quella frase con decisione, quasi come un ordine, mi baciò.
Il suo profumo irresistibile mi invitò a non opporre resistenza. Era inutile e non volevo. Scese un po’, sul collo, cercando di mantenere quel poco di controllo che gli era rimasto mentre io l’avevo perso, percependo le sue labbra così morbide e delicate. Sembrava avesse compiuto quell’azione migliaia di volte, per come la faceva bene.
 
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Eudaimon
view post Posted on 1/4/2011, 22:01




Che meraviglia, finalmente! :3
 
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#8

« Ricordati di me »



Mi sarebbe piaciuto continuare per ore, non lasciarlo mai. Invece si allontanò velocemente, un po’ in affanno, e poggiò gli indici sulle tempie, massaggiandole, come se fosse stato colpito da un forte mal di testa.
Lo guardai interrogativa. “che succede?”
“La guerra è iniziata, devo portarti via da qui. Non sei al sicuro.” Disse, con tono grave.
Mi prese in braccio e volò all’entrata del suo mondo così velocemente da non permettermi di chiedergli spiegazioni. In un attimo tornammo in camera mia.
“Bill, che succede?! Di quale guerra parli?” Sembrava che le mie parole gli scivolassero addosso, non pensava a me in quel momento. Ogni cellula del suo corpo era occupata a fare altro. Era totalmente assente.
Mentre cercavo di parlargli sentii suonare il campanello di casa. Lui era talmente assorto che non si sarebbe reso conto della mia momentanea sparizione per aprire la porta. Scesi le scale che portavano nelle camere da letto e al bagno, superai il salone e mi diressi verso la porta d’ingresso, abbastanza pesante e di legno scuro.
“Chi è?” Chiesi, dato che no nera munita di spioncino.
“Sono la mamma!” Riconobbi immediatamente la sua voce che infondeva felicità, serenità e positività. Rivedevo in lei Marlène, forse per la sua impressionante somiglianza anche nel fisico.
“Mamma!” Aprii velocemente la porta, finalmente era tornata. Il suo lavoro la obbligava a stare spesso fuori per qualche settimana, mentre mio padre lavorava come medico all’estero, non nel mio piccolo paesino vicino Amburgo, contornato da colline e boschi.
Mi strinse in un caloroso abbraccio.
“Piccola mia, come stai?” disse con la voce rotta dall’emozione.
“Bene, entra mamma” Mi scostai per farla passare. Le chiesi un attimo e tornai in camera mia.
Bill era fermo, immobile nelle dolci ombre che popolavano la stanza. Le ali contro la sua schiena e lo sguardo dritto verso di me.
“Mi puoi dire cosa succede?” Gli chiesi sottovoce, esortandolo.
“Sei in pericolo, non posso dirti altro. E’ iniziata una guerra, e tu ci sei più che invischiata.” Disse con una serietà che mi fece rabbrividire.
Mi afferrò delicatamente i fianchi e mi avvicinò a lui.
“Ti proteggerò io, ma è necessario che perdano le tue tracce.” Disse, accarezzandomi la guancia con il dorso della mano.
“E come?” Poggiai la testa nella curva del suo collo, sentendo il suo respiro.
“Cerca di ricordarti questo...” Mi prese la mano e intrecciò le dita con le sue.
“... cerca di ricordarti di me” Disse, baciandomi le nocche.
“Ricordarmi di te?” Cosa intendeva? Non riuscivo a capire.
“Sì, esatto.” Ribadì, senza fornirmi, purtroppo, nessun dettaglio in più. “Ora vai da tua madre, ti starà aspettando. Rimango qui, tranquilla.” Mi rivolse un sorriso, più per rassicurarmi che per trasmettermi la sua felicità.
“Oh, ok. Va bene, torno fra un po’.” Tornai da lei, che era diretta verso il bagno per farsi una lunga, calda, doccia rilassante.
“Aspettami qui! Dobbiamo parlare di molte cose!” Disse.
“Preparo qualcosa da mettere sotto i denti, fintanto che ti rilassi, ok?” Scesi rapidamente le scale e andai in cucina.
Era una stanza che si affacciava sul salone, non molto grande, piastrellata e accogliente. Sulla destra era presente un frigorifero, ricco di ogni sostanza commestibile, dato che mia madre non voleva che mi mancasse nulla durante i suoi viaggi e sopra il lavandino e i fornelli, che vi erano adiacenti, erano presenti dei ripiani dove solitamente riponevo i contenitori, tazze o alcuni ingredienti come sale e simili.
Presi una coppa colorata di plastica dura e una serie di verdure da affettare. Quando mi voltai per poggiare ogni cosa sul tagliere vidi Bill. Sussultai tanto che per poco non lasciai cadere tutto.
“Vuoi una mano?” Sorrise prendendo un coltello.
“Mh, non so. Se viene mamma e vede un coltello che si muove da solo, crederà di essere impazzita!”
“Nah, faremo in tempo!” Prese un gambo di sedano e lo tagliò così velocemente da farmi spaventare. Mi sembrò che per poco non si fosse tagliato anche le dita.
“Ma... come fai?” Lo guardai stupita.
“Oh, pratica, direi.” Sorrise e prese altre verdure. In meno di cinque minuti aveva tagliato ogni cosa, da solo.
Presi la coppa e le versai al suo interno, le condii e aspettai che mamma mi raggiungesse.
Intanto non riuscivo ancora a comprendere ciò che Bill mi aveva detto ed ero più che preoccupata. Sperai che continuasse a vegliare su di me. Dopotutto, era il mio angelo custode.
Una guerra, tra chi? Perché io ero coinvolta e in quale modo? Mi volevano fare del male o, peggio ancora, uccidermi? Avrebbe combattuto o rischiato la vita?
Sentii le sue ali avvolgermi da dietro e coprirmi le spalle.
Mi diede un bacio poco sotto l’orecchio. “Tranquilla” Mormorò. “Saprai a tempo debito.” Il suo tono di voce lo tradì.
“Non saprò nulla.” Sospirai.
“Ti prometto che ti racconterò ogni dettaglio. Ma se lo dicessi adesso, saresti più in pericolo” Disse ancora, con calma.
“Mh, ok...” Mi voltai leggermente per baciarlo ma mamma entrò in cucina, quindi tornai immobile.
“Allora, come va a scuola?” Mi chiese, invitandomi a sedermi con lei a tavola.
Presi due piatti e due bicchieri, li poggiai e tornai indietro, prendendo due forchette e la coppa con l’insalata.
“Tutto bene, come al solito. E a te, a lavoro?”
“Bene, anche se temo di dover partire nuovamente fra qualche giorno. Starò via meno tempo, però” Disse rallentando un po’ sull’ultima frase, come per rafforzare il concetto.
“Sono contenta.” Sorrisi e mangiai un po’ di verdura. Sentii la presenza di Bill che mi accarezzava i capelli lentamente, per non far insospettire la mamma.
“Domani devo andare a casa di Heila, vorrei salutarla prima di partire.” Heila era la sua migliore amica, aveva più o meno la stessa corporatura florida e la stessa carnagione chiara ma possedeva i capelli corti e gli occhi più chiari, con un leggero accento francese mentre parlava. Spesso, prima che mamma accettasse quel lavoro, si divertivano ad organizzare cene e a cucinare insieme, decorando piatti e imbandendo in modo originale le tavole delle loro case.
“Ok si, infatti domani dovrei stare a scuola fino al tardo pomeriggio.” Ammisi, cercando di pianificarmi per bene la giornata successiva, anche se, stando con il mio angelo, sicuramente qualche attività sarebbe andata perduta o, perlomeno, modificata.
“Perfetto. E’ tardi, piccola mia, meglio che vada a letto, domani c’è scuola.” Disse sorridendomi.
“Mh, non lo è ancora. Posso stare un altro po’, tranquilla. Credo che ti sia abituata ad andare a letto prima, di solito adesso eravamo a guardare la tv.” Sorrisi e la accesi. Quella presente in cucina non era poi molto grande, però si vedeva bene, anche se ciò che trasmettevano non era affatto divertente. La domenica sera non c’era mai nulla in grado di intrattenere.
Dopo un po’ la mamma ruppe il silenzio.
“Nessun ragazzo? Amici?” Mi lanciò un’occhiata furba.
“Nessun ragazzo. Sai come la penso. Bill non verrà sostituito, mai.” Lui si piazzò davanti a me, mentre cercavo di non incontrare il suo sguardo sennò mia mamma mi avrebbe presa per strabica, e mi accarezzò la guancia e ci stampò un bacio su, poi avvicinò le labbra all’orecchio. “Ti aspetto in camera.” Mormorò e salì le scale, scomparendo nell’oscurità del corridoio.
Mentre lui era occupato con me, mamma mi guardò con dispiacere.
“Ma lui non... non c’è più, Anny. Dovrai fartene una ragione, purtroppo.” Disse avvicinando la sua mano alla mia, poggiata sul tavolo.
“Non sono ancora pronta.” Mentii. Lui era con me e non ne capivo il motivo. Continuava a starmi accanto anche se non era più nel mio mondo e ciò mi martellava la mente, perché proprio io? Se gliel’avessi detto, se le avessi raccontato tutto, per quanto dolce, aperta e comprensiva, sarebbe stato recepito soltanto come uno schizzo di follia pura, dovuta alla morte di Bill, nient’altro.
“Si, ti capisco. Ma cerca di guardarti attorno” Continuò. Subito dopo prese un respiro e riaprì le labbra per parlare.
“Ian? Continua a darti noia?” Mi chiese.
“Abbastanza, ma non più del necessario.” La tranquillizzai. “Domani inizio il corso di chimica. Spero di trovare qualcuno con cui fare amicizia.” Continuai.
“Benissimo, sono contenta!” Si alzò da tavola e prese i piatti sporchi. Li poggiò nel lavandino.
“Beh, ora io faccio un paio di servizi casalinghi, tu vai a letto, vengo a darti la buona notte fra poco.” Sorrise e mi diede un bacio sulla fronte.
“Ok...” Salii di corsa le scale e trovai Bill ad aspettarmi seduto sul letto.
“Ora di dormire?” Mi chiese prima di alzarsi.
“Credo proprio di sì. Si ricomincia la scuola, domani devo necessariamente andare. Il corso di chimica mi aspetta.” Dissi sorridendogli.
“Vengo subito.” Con un cenno del capo mi fece capire che mi avrebbe aspettata perciò andai in bagno, feci una velocissima doccia e avvolsi un grande asciugamano bianco sul corpo. Per togliere le numerose goccioline che imperlavano quest’ultimo lo premetti sulla pelle. Infilai una canotta nera e degli shorts elasticizzati dello stesso colore e tornai in camera, contenta di trovarlo sempre nello stesso posto.
Sbatté un paio di volte le palpebre, come se fosse abbagliato dalla mia vista. Gli rivolsi un sorriso imbarazzato.
“Sei bellissima.” Mi disse, con gli occhi che brillavano.
“Anche tu.” Replicai, evitando di focalizzare tutta l’attenzione su di me. Non mi ritenevo affatto speciale anche se lui riusciva a farmi sentire tale.
Mi inginocchiai sul letto, dietro di lui, e gli cinsi i fianchi con le braccia. Lo sentii sorridere mentre le ali, quiete, si appiattirono sulla schiena, per lasciarmi poggiare su il mio corpo, più esile e piccolo del suo.
“Angelo...” Si voltò, afferrandomi delicatamente i polsi e poggiandoli sul suo petto. Le ali si spiegarono.
“Ci sarò sempre per te. Sempre. Ti prego ricordatelo.” In quel momento tutti i propositi di resistenza per tempestarlo di domande svanirono.
“Lo so e ti amo, ti amo più di qualsiasi altra cosa.” Si avvicinò e mi diede un dolce bacio, poggiando le sue labbra sulle mie e schiudendole poco dopo.

Si allontanò lentamente e sollevò le coperte per farmi scivolare sotto e poggiare la testa sul morbido cuscino.
“Rimani qui?” Domandai avendo trovato una posizione comoda.
“Devo andare, amore.” Con un solo paio di passi raggiunse la parte del letto dove mi ero sdraiata e mi diede un altro bacio.
“Riposa tranquilla, ci vediamo domani” Disse, con un velo di incertezza nei suoi occhi.
“Ti amo.” Risposi e chiusi gli occhi, dato che la stanchezza della giornata iniziava a farsi sentire.
“Anche io” Sussurrò.
Sentii le sue mani poggiarsi sui lati della fronte, all’altezza delle tempie.
“Dimentica, domani sarà tutto diverso, angelo mio.” Ascoltai in modo ovattato, prima di perdere definitivamente conoscenza, sprofondando nel sonno. Un sonno diverso, più intenso e dolcemente buio, tranquillo, spopolato da sogni, semplici frammenti che sembravano flash. Non ebbi tempo per rispondergli, chiedergli cosa stesse facendo ma mi fidavo di lui, ciecamente.
 
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