Posts written by kylea

view post Posted: 22/3/2011, 18:49 Eminem fan forum - he is our Pied Piper - .S P A M.

-eminem fan forum-
image

CITAZIONE
« And to the fans, I'll never let you down again, I'm back. I promise to never go back on that promise... »

-eminem fan forum-
view post Posted: 16/9/2010, 20:04 Eminem fan forum - he is our Pied Piper - .S P A M.

-eminem fan forum-
image
CITAZIONE
« Just gonna stand there and watch me burn / but that's all right because I like the way it hurts / Just gonna stand there and hear me cry, but that's all right because I love the way you lie »

Sicuramente avrai sentito questi versi per radio o in televisione almeno una volta, negli ultimi giorni, perché l'ultimo singolo di Eminem (feat. Rihanna) è ormai ovunque. E allora, perché non conoscere meglio questo artista di grande talento, quest'uomo che, se non fosse stato per tutti i problemi personali che ha affrontato, oggi non sarebbe arrivato a questo punto, sia come uomo, che come rapper?

Il forum è nuovo e ancora da sistemare, ma il progetto che si vuole realizzare è quello di creare una community interamente dedicata a Marshall Mathers a.k.a. Eminem, con news, informazioni, curiosità, testi, traduzioni, video, interviste e tanto altro.
Che aspetti a raggiungerci?

-eminem fan forum-
view post Posted: 18/4/2008, 16:15 Gustav&Georg: “Una lastra sta cadendo sulle nostre teste!" - .P R E S S.
Ohhh, amori! Mi iniziavo a chiedere perché a loro non avessero fatto nessuna intervista...
Comunque, Tomi vestito da infermiera mi fa venire i brividi °-°
Bravo Ge che si fa coccolare dalla mamma! <3
view post Posted: 14/4/2008, 09:05 Bravo: Vogliamo una ragazza! - .P R E S S.
Ma se Tomi vuole, io gli faccio le lodi non solo di giorno, ma anche di notte! *OOO*
Certo, prima o poi mi stuferò XDDD Ma a quel punto gli darò un bello scapellotto sulla testa, e poi un bacio per farmi perdonare...*fantastiching*
view post Posted: 12/4/2008, 19:22 Vi voglio bene - .F A N ~ F I C T I O N.
Ehehe, grazie mille <3 Nuovissimo capitolo, mi piace molto. Ps: La FF è quasi finita .-. Ma prevedo già un seguito XDD

Capitolo diciassette: Noi.
Quella sera si rivelò piuttosto tranquilla.
Dopo cena, io e Tom annunciamo di volerci rifugiare in camera. Dal tavolo si levò un coro malizioso e Bill disse: «Le cose si fanno sul serio ora…». Poi diede una pacca sulla spalla al fratello e gli sussurrò all’orecchio: «Forza fratellone!»
Sorrisi mentre mi lasciai la cucina alle spalle.
Quel giorno avevo ricevuto un sacco di complimenti. “Appunto mentale: indossare gli abiti di Tom più spesso. A quanto pare, ci sto davvero bene”.
Mi fermai in mezzo al corridoio per aspettare il chitarrista, che corse veloce verso di me. Senza fermarsi mi prese per mano e insieme entrammo in camera.
«Che vuoi fare?» mi chiese lui, tranquillo.
«Ti va di guardare un film?» chiesi.
«Certo che mi va! Basta che non sia un film romantico; tutti quei sbaciucchiamenti mi danno sui nervi e mi fanno venire gli incubi». Fece finta di tremare dal ribrezzo.
«Neanche a me piacciono molto i film romantici», dissi, rovistando tra i DVD del ragazzo. «Guardiamo Io sono leggenda? Non l’ho mai visto, ma avrei voluto farlo.»
«Io amo quel film». Così dicendo, accese il lettore DVD e attese che comparisse la scritta ‘No disk’ sul display. Aprì il cassettino, inserì il CD, accese la televisione e richiuse lo sportellino.
Io nel frattempo avevo steso a terra, davanti alla TV, una coperta e mi ero seduta.
Mentre sullo schermo comparivano i loghi delle case cinematografiche che avevano prodotto il film, Tom corse in cucina a prendere qualcosa da mangiare.
Qualche minuto dopo tornò con le mani piene: pop-corn di ogni tipo, al cioccolato, al caramello, semplici o al formaggio; Coca-Cola e aranciata; salatini e patatine.
«Mica dobbiamo mangiare tutta questa roba, vero?» chiesi, un po’ preoccupata per il mio stomaco.
«Non per forza». Si sedette accanto a me. «Avanti, vieni qui», continuò indicando il suo petto. Appoggiai lì la testa e aspettai l’inizio del film.

A circa metà del lungometraggio, Bill entrò in camera e iniziò a parlare: «Ehi, mi stavo chiedendo “Che faranno quei due?” e sono venuto a vedere…». Tom lo zittì, gli occhi fissi sulla televisione.
«Oh, guardate un film» commentò il moro a bassa voce. «Mi unisco a voi».
Si sedette alla mia destra e mi guardò. La mia testa era ancora appoggiata al petto di Tom e stavo guardando lo schermo. Quando notai lo sguardo di Bill su di me, mi girai per fissarlo a mia volta.
«Che film è?» chiese.
Risposi prontamente, avendo intuito la domanda: «Io sono leggenda».
Rimase per qualche minuto in silenzio assoluto.
«Mmh, noto con piacere che sei sul petto del mio fratellone…». Bill ci squadrò con uno sguardo fin troppo malizioso. Tom se ne accorse e subito disse «Sei venuto qui per vedere il film o cosa?». Si fermò per riprendere fiato; io agguantai il telecomando e premetti il pulsante ‘Pausa’. Il chitarrista riprese a parlare: «Prima di tutto, se Chiara vuole appoggiare la testa sul mio petto è libera di farlo, visto che non gliel’ho proibito. Seconda cosa, io e te abbiamo parlato giusto ieri, ricordi? Quindi, fratellino, smetti di rompere i coglioni e guarda il film.»
«Ok, ok, ho capito…» ribattè il moro, un po’ sorpreso dalla reazione del gemello.
Feci ripartire il film e tutti e tre continuammo a fissare lo schermo.
Quando comparvero i titoli di coda, Tom abbassò la testa e mi baciò la fronte, sotto lo sguardo incuriosito di Bill. Alzai la testa dal petto del ragazzo, che uscì, seguito a ruota dal fratello.
Misi un po’ in ordine la stanza, cercando di sentire qualche pezzo della conversazione.
«No, Bill, devi smetterla cazzo! Un po’ ti posso sopportare, ma adesso basta. Te l’ho ripetuto un sacco di volte, ora mi sono stufato. S-M-E-T-T-I-L-A.»
«Tom, ma lo sai che scherzo! Guarda, Chiara non se la prende…»
«Cosa c’entra? Chiara è più paziente di me. Ascolta Bill. Non voglio nemmeno più parlarne. Devo pensare che tu sia geloso?»
«No, non lo sono. Anzi, sarei più contento se tu fossi innamorato».
«Non mettermi fretta, prima o poi mi innamorerò. Ora basta, torno da Chiara. Che pazienza che ha! Come l’ammiro per questo...»
«Non la ammiri solo per la sua pazienza, mi pare.»
La conversazione terminò e il chitarrista entrò.
Chiuse la porta sbattendola, poi si sdraiò sul letto e sbuffò. Era arrabbiato con il fratello, ma evidentemente si era trattenuto davanti a lui. Decisi di lasciare che si calmasse da solo.
Diede un pugno al muro e sussultai perché ero assorta dai miei pensieri.
Tom se ne uscì con un: «Merda», poi si guardò la mano.
Mi avvicinai e mi sedetti sul letto, vicino a lui. «Ti sei fatto male?» chiesi, sfiorandogli la ferita. Aveva le nocche leggermente arrossate, nulla di grave.
«Lasciami!» gridò il ragazzo, tirando via la mano.
Restai a fissarlo in silenzio, poi mi alzai e uscii dalla stanza, senza dire una parola.

Quando tornai, pochi minuti dopo, con le mani cariche, il chitarrista non era più sul letto. Si era sdraiato per terra, di fianco al comodino, con la testa appoggiata alla parete. Fissava la mano che aveva scagliato contro il muro, aveva la fronte contratta e si stava mordendo il labbro inferiore.
Mi sedetti affianco a lui, presi un batuffolo di cotone imbevuto di disinfettate e lo passai delicatamente sulla parte arrossata. Dopodichè, fasciai la ferita.
«Grazie. E scusa per prima», mi sussurrò.
«Ti va di parlarne?» chiesi.
«Ieri ho parlato a Bill. Gli ho…Confidato alcuni miei pensieri.» iniziò. Poi tacque.
Io ne approfittai. «Sì, me ne ha parlato oggi pomeriggio.»
«Che ti ha detto esattamente?»
«Ha detto che mi hai vista così simile ma nello stesso tempo così diversa da te, che hai deciso di assomigliarmi; che siamo incredibili ed imprevedibili. E’ curioso, vorrebbe vederci innamorati. E...Una cosa che mi è rimasta impressa è il fatto che tu, cito le sue parole, abbia trovato in me ciò che ti mancava per non essere uno stronzo insensibile. Credevo che le parole fossero di Bill, non tue. E’ bellissimo ciò che hai detto, sai?». Tom non era molto a suo agio, così lo abbracciai.
«Bill è uno stronzo. Fa finta di non capire. E’ testardo e soprattutto insopportabile».
«Proprio come te» ribattei. «Cos’ha combinato questa volta?»
«Continua a fare il malizioso e a dire quelle battutine su noi due. Vorrebbe che io mi innamorassi. Più precisamente, vorrebbe che mi innamorassi di te.»
Feci finta di concentrarmi e dopo qualche secondo iniziai a parlare: «Hai due soluzioni: o ti innamori di me e lo fai contento, cosa che ti sconsiglio, oppure fai finta di nulla. Sai, Bill ti vuole un gran bene e non vorrebbe ferirti. Scommetto che ora è sul letto, o per terra contro la parete come te, e si sta pentendo di tutto ciò che ha detto. Devi capirlo. E’ felice, perché non sei più quello stronzo insensibile che eri prima.»
Il ragazzo si alzò ed io lo seguii con lo sguardo. Mi tese una mano che afferrai per alzarmi e mi fissò. Poi disse: «Ti bacerei quando dici queste cose» e mi schioccò un bacio sulla guancia, tenero, caldo, ma nello stesso tempo forte, esattamente come le sue mani.
«Comunque, credo che mi innamorerò di te», disse, ironico.
«Non te lo consiglio, davvero. Sono antipatica, brutta, stupida, logorroica, assillante, gelosa e…»
Mi tappò la bocca e ribattè «E allora? Io di te adoro tutto ciò che hai elencato.»
«Quanto sei scemo!» commentai, dopo che mi ebbe lasciato la bocca libera.

Eravamo seduti sul letto, a gambe incrociate, uno di fronte all’altra.
«Scusa, ma durante il primo mese non mi calcolavi per nulla, Tomi», osservai, un po’ arrabbiata.
«Lo so», ribattè. «Volevo prima conoscerti meglio, volevo vedere come ti comportavi in certe situazioni, volevo studiarti in pratica. Scusami». Tacque per qualche istante, un po’ nervoso. «E’ che credevo fossi una di quelle fan stupide…Che ci vedono solo belli e niente di più.»
«Pff, ti capisco! Quanto odio le persone così. Mi ricordano tanto i miei compagni, tutti superficiali. Se non ti vesti in un certo modo, per loro sei invisibile e vengono addirittura a sbatterti contro. Non li sopporto! Credono di essere padroni del mondo, invece non riescono nemmeno a governare il loro cervello. Mi viene il nervoso solo a parlarne.»
«Sì, odio anche io le persone così.»
Lungo silenzio imbarazzante. Non mi piacevano per nulla. Ma avrei dovuto imparare a conviverci, dal momento che mancavano poco meno di ventiquattro ore alla mia partenza…E probabilmente non avrei più sentito quella splendida voce, che mi faceva tanto impazzire.
«Non è il caso di andare a dormire? Sono le undici…», dissi guardando la radio sveglia.
«No. Voglio parlare con te».
«E di cosa?»
«Di noi». Mi mise una mano dietro la testa e avvicinò quest’ultima al suo cuore. «Senti, senti come batte». Rimasi così per alcuni minuti, in silenzio, con il respiro un po’ affannoso per l’imbarazzo e con i battiti del suo cuore nelle orecchie. Avvicinò la bocca al mio orecchio e con questa lo sfiorò delicatamente, facendomi avvampare. Poi mi sussurrò «Batte così solo quando tu sei con me. E anche se provo a calmarmi, non ci riesco. E’ come se volesse uscirmi dal petto. Non so cosa mi stia succedendo, Chiara, ma tutto questo succede solo quando siamo insieme.»
«Anche il mio cuore batte forte, quando sei con me. Ma batte ancora di più quando non ci sei, quando mi manchi da morire». Pausa. Alzai la testa dal suo petto e lo guardai negli occhi. «Tomi, non è che stiamo andando un po’ troppo oltre?»
«In queste situazioni non esistono confini, non esiste un oltre. E poi, che ti importa? Ciò che conta è stare insieme a te, prima che tu parta. Cazzo Chiara, quando ci penso, mi tremano le mani». Le alzò: tramavano davvero. «Come farò a starti lontana per così tanto tempo?»
«Non ci voglio pensare, lasciamo perdere. O mi metterò di nuovo a piangere e sarai costretto a consolarmi. Comunque, cambiando argomento, devi ammettere che il nostro rapporto, se uno lo vede dall’esterno, come Bill, sembra una storia d’amore. Quindi non puoi biasimarlo.»
«Lo so, ci ho pensato un sacco di volte anche io.»
«Ti voglio bene». Lo abbracciai, forte, sperando che questo servisse a lasciare che rimanesse con me per l’eternità. «Non c’entra nulla con ciò di cui parlavamo, ma volevo dirtelo.»
Si sciolse da quell’abbraccio e ribattè «Ti voglio bene anche io, piccola Chiara».
Corse in bagno a spogliarsi. Nel frattempo, io, già in pigiama, mi rannicchiai sotto la coperta e aspettai paziente che il chitarrista mi raggiungesse.
Uscì dal bagno dopo pochi minuti e puntò la sveglia alle nove. «Domani sarà una giornata lunga. Ora riposiamo un po’».
Si sdraiò accanto a me. Io ero bollente, mentre lui era fresco. La differenza di temperatura mi fece rabbrividire. Tom mi chiese «Hai freddo?»
«No no, tranquillo. E’ che sei fresco…’Notte Tomi.»
«Adoro quando mi chiami Tomi» sussurrò. Poi riprese a parlare, a voce più alta «Buona notte.»
Mi sfiorò la guancia con le labbra, così delicatamente che sentii a malapena la presenza del piercing sulla mia pelle. Poi chiuse gli occhi, pronto a entrare nel mondo dei sogni.
Non si accorse che sulla guancia che mi aveva baciato poco prima, scese una lacrima silenziosa, che ben presto morì in quella calda coperta, dove sarebbe rimasta imprigionata per sempre…

view post Posted: 11/4/2008, 20:40 I Tokio Hotel si trasferiscono a Berlino - .T O K I O ~ H O T E L.
Se nel terzo album non c'è una canzone che parla della sua operazione, giuro che vado a buttar giù la porta nella loro nuova casa a Berlino U___U
E gli rubo anche il calcetto *tiè*
view post Posted: 11/4/2008, 20:32 Bill finalmente ha parlato!! *______* - .T O K I O ~ H O T E L.
Ohhh, tesoro! *-*
Forza, sei quasi guarito completamente...<33
Siamo tutti con te =)
view post Posted: 10/4/2008, 20:01 [Home] Bill FAKE - .C A N D I D S ~ & ~ I N T E R V I E W S.
Oddio *____________*
Oddio *____________*
E' troppo bello così, a casa, tranquillo e pacifico *-*
E quella maglietta, la muccaaaaaa <333
*spupazzing Bill*
view post Posted: 9/4/2008, 21:40 Fotomontaggio o realtà? °O° - .W H O ' S ~ T H A T ~ G I R L?.
E' un po' grande, metto in link. => http://www.tokiohotelfan.pl/galeria/albums.../10001/4~21.jpg
I capelli mi sembrano uguali a quelli della ragazza con Gege. Se non è lei è Joss Stone, ma non ho trovato nessuna foto decente di lei U___U
view post Posted: 9/4/2008, 21:23 Vi voglio bene - .F A N ~ F I C T I O N.
Sìsì, ce l'ho pronto. Credevo di averlo postato il 15° >.<

Capitolo sedici: Jeans&T-shirt oversize
Chiacchierai con Gustav per mezz’ora circa. Parlammo di musica, di libri e di cinema.
Mi piaceva stare con il batterista, anche se spesso dovevo trattenermi dal fare qualche battutina per non renderlo irascibile.
Era un ragazzo molto tenero e sensibile, anche se poteva sembrare forte, quasi un bullo. Sapevo che in realtà era buono come il pane, anzi no, come il miele spalmato sul pane, quello morbido, che se lo lasci in bocca per un po’ si scioglie, lasciando quel sapore dolce sulla lingua…
Durante uno dei nostri soliti silenzi imbarazzanti, Bill entrò nella stanza.
Si sedette accanto a Gustav e ci fissò. Prima me, poi il batterista. Me, il batterista. Dopo qualche minuto, iniziò a parlare:
«Uff, ragazzi, siete noiosi. Non dite mai nulla!»
Scoppiai a ridere, senza riuscire a controllarmi, mentre sul volto del biondo comparve un sorriso che arrivava quasi alle orecchie. Ridevamo più che altro per il tono di voce che aveva usato.
Il moro mi fissò, con i suoi occhi color nocciola vivi, allegri, e mi fece una domanda un po’ insolita e leggermente imbarazzante: «Chiara, posso truccarti?»
Non credevo alle mie orecchie. Truccarmi non era cosa da me, non amavo tutti quei prodotti polverosi e di colori strani. Avevo sempre pensato che anche se me lo avesse chiesto Bill Kaulitz, avrei rifiutato. Perciò risposi alla sua domanda, con un semplice monosillabo: «No.»
«Perché no? Mi trucco io, che sono un ragazzo!!». Era incredulo, gli occhi spalancati.
«Non mi vedo bene con il trucco. E poi io sono un maschiaccio». Per dimostrare la mia affermazione, avevo giocosamente abbassato il tono della mia voce. Bill sorrise, poi continuò la sua serie di domande: «E non ti faresti truccare nemmeno da me?»
«No.»
Mi venne vicino e puntò le mani contro di me. Intuii le intenzioni del ragazzo, perciò mi alzai dal divano, mi piazzai davanti a lui e indietreggiai. Lui accelerava e ben presto mi raggiunse. Iniziò a farmi il solletico, mentre io cercavo di sfuggirli correndo per la stanza. Poi mi diressi verso il corridoio, con il fiatone che non aveva intenzione di abbandonarmi. Passai mezz’ora a sfuggire alle mani del ragazzo, fino a che, per fortuna, Tom non uscì dalla sua stanza e fermò il fratello, tenendolo per la maglia.
«Tomi, attento! Mi rovini la maglia» urlò il gemello.
«Non ti preoccupare, Bill, non te la rovino. Se Chiara non vuole essere truccata, lasciala in pace.»
“Meno male!” pensai “Per fortuna esiste lui a questo mondo…”
«Però» continuò «Deve provare i miei abiti.»
“Cazzo, mi sembrava strana la cosa”.
Preferivo di gran lunga provare gli abiti di Tom, piuttosto che essere truccata da Bill. Non mi restava molto altro da fare: avevo due paia di occhi identici puntati contro, frementi, in attesa di risposta. E poi, mi intrigava l’idea di provare gli abiti del chitarrista…Mi ero sempre chiesta come ci si sentiva in quei pantaloni così larghi.
«Va bene, Tom».
«COSA?!» Bill era incredulo alla mia risposta e mi lanciò un’occhiataccia. «Preferisci indossare quegli…stracci, piuttosto che essere truccata da me? Ma che diavolo di ragazza sei?!»
Volevo ricordargli il mio essere maschiaccio, ma lasciai perdere e aspettai che aprisse di nuovo bocca, pensando “Speriamo dica qualcosa di intelligente…”
«Ormai, passate così tanto tempo insieme che non sono nemmeno più geloso. Vi lascio soli. Così potete sbaciucchiarvi tranquillamente. Ma per favore, fatelo nella vostra camera, perché se vi vede Georg si scandalizza…Sapete com’è fatto, non se ne intende per nulla di queste cose perché non ha esperienza e potrebbe rimanerci secco».
Iniziai a ridere, ma il gemello se l’era presa per la storia degli sbaciucchiamenti. Iniziò ad andare contro il fratello, ma lo fermai tenendolo per un braccio. Bill gli fece una linguaccia e commentò: «Quella ragazza sa come prenderti, fratellino! Tienila stretta, non ne troverai MAI una che ti sopporta come lei!», poi sparì nella sua stanza.
«Bè, Tom, devi ammettere che sei insopportabile a volte…»
Il ragazzo, alla mia battuta, rispose: «Ah sì?!». Poi corse verso di me e mi spinse verso la porta della sua camera. Tirò giù la maniglia e riprese a spingermi, mentre io restavo incredula pensando fosse impazzito, fino a che non mi buttò sul letto e iniziò a farmi il solletico.
«Basta, basta!» implorai, senza fiato per il troppo ridere.
Finalmente, il ragazzo si fermò.
«Ora, vieni qui e scegli i vestiti» disse, aprendo la porta dell’armadio.
Jeans su jeans erano accatastati a destra, mentre sulla sinistra erano sparse varie T-shirt tutte spiegazzate. Tom era disordinato, senza dubbio.
Riuscii a trovare una maglietta rossa e un paio di semplici jeans. Corsi in bagno. Non vedevo l’ora di guardarmi allo specchio e vedere quanto apparivo ridicola.
Mi spogliai. Tolsi prima i miei pantaloni e li sostituii con quelli del chitarrista. Poi fu il turno della maglia, anzi, del vestito rosso.
Uscii e mi fermai davanti a Tom. Ero comoda, quasi non mi sentivo gli abiti addosso. Guardai i jeans, pensando che sicuramente il chitarrista sarebbe scoppiato a ridere. Invece semplicemente mi fece girare verso lo specchio, senza dire una parola.
Mi guardai attentamente: dopotutto, non stavo male!
«Chiara, ti prego, tieniti addosso quegli abiti. Anzi, sai che faccio? Te li regalo. Sul serio. Ne ho un sacco come puoi vedere, e a te stanno benissimo. Sarebbero uno spreco nel mio armadio, ma nel tuo…Starebbero da Dio, davvero.»
«Dici davvero Tom? Posso tenerli?»
«Sì, sono tuoi.»
«Ok, grazie mille!»
Corsi ad abbracciarlo, o…Ci provai.
Non essendo abituata alla lunghezza dei pantaloni del ragazzo, inciampai gravosamente. Fortunatamente non mi feci nulla, avevo solo la mano arrossata, ma Tom si preoccupò da morire.
«Oh merda! Ti sei fatta male?». Aprì la porta e gridò «Bill, portami un po’ di ghiaccio per favore. E’ urgente!»
Cercai di tranquillizzarlo, inutilmente «Tom, sono imbranata, dovresti saperlo. E’ tutto a posto, davvero. Ho la mano un po’ arrossata, niente di più. Calmati ora, mi sembri mia madre!»
Intanto, Bill entrò, di corsa e preoccupato.
«Che cazzo è successo?» chiese, in preda a un attacco di panico.
«Niente, Tom è il solito esagerato…Sono inciampata, ma non mi sono fatta nulla!!»
«Pff, Tom, mi fai prendere certi colpi!». Mi mise in mano il sacchetto del ghiaccio e tornò nella sua stanza. Prima di andare, si voltò e mi sorrise, contento (probabilmente) del fatto che non mi fosse successo nulla di grave.
Mi alzai, tornai all’armadio e presi un cappellino rosso del chitarrista. Era l’unica cosa che mi mancava, per assomigliare a lui. Me lo calcai in testa e mi guardai allo specchio.
«Posso rubartene uno?», domandai, indicando il cappellino
Venne verso di me e mi abbracciò. «Certo, puoi fare tutto ciò che vuoi…»
«Ehi» dissi, soffocando una risata «Non esageriamo adesso!»
Tom mi guardò sorridendo e mi diede un affettuoso schiaffo sulla testa. Certo, solitamente un doppio-senso del genere dovrebbe uscire dalla bocca di un ragazzo…
«Forza, ora andiamo in camera di Bill e dimostriamogli che stai meglio con i miei ‘stracci’, come li chiama lui, che con i suoi ‘pastrocchi’ che si fa sulla faccia.»
Mi cinse un fianco e insieme entrammo nella stanza del gemello. Quest’ultimo, vedendoci, commentò: «Uh, avete già finito di sbaciucchiarvi?» Il suo occhio cadde sulle mani di Tom, ancora strette attorno al mio fianco.
Tom lo incenerì con lo sguardo, ma Bill fece finta di nulla.
Spostò lo sguardo su di me e rimase a bocca aperta.
«Chiara... Oh mio Dio!!»
«S-sto così male?» chiesi, preoccupata.
«No, anzi! Io che sono così simile a mio fratello, non sto bene come stai tu nei suoi abiti. E’ una cosa davvero incredibile» osservò meravigliato.
Lusingata dal suo commento, arrossii.
«Se non fosse per l’altezza e per i rasta, non riuscirei a riconoscervi, di spalle» continuò Bill. “Spiritoso, oggi” pensai tra me e me sorridendo alla battuta del ragazzo.
Improvvisamente, il telefono del chitarrista iniziò a suonare. Dopo qualche squillo fastidioso, uscii dalla stanza scusandosi, per andare a rispondere.
Io rimasi sola con il vocalist, che e approfittò per bombardarmi di domande.
«Ti ha baciata dopo che sei caduta?», chiese curioso.
«Cosa?! Oddio, no!»
«Ti fa così schifo mio fratello?»
«No, non mi fa schifo ma…Perché dovrebbe baciarmi?»
«Mhà, siete due piccioncini, sempre attaccati, vi punzecchiate e poi vi abbracciate…»
«Ancora con questa storia? Basta, Bill. Lo sai che tra me e Tom non c’è nulla.»
«Ok, ok, va bene. Però devi sapere che lui tutte le sere mi dice che ti vuole bene, che ormai sei parte di lui. E’ una cosa molto dolce». Mi sorrise.
«Sì, lo so».
Restammo in silenzio per un po’, poi Bill cambiò argomento.
«Come va con le lezioni prese via computer?»
«Oh mamma! Meno male che me lo hai chiesto, dovrebbe essere arrivata una nuova lezione…». Mi portai una mano alla fronte. Così presa dal tempo che era passato troppo velocemente, non mi ero ricordata della scuola.
«Allora, muoviamoci e andiamo a vedere di che si tratta!». Il ragazzo mi trascinò fuori dalla sua stanza, visto che, per l’incredulità, non mi ero mossa di un millimetro.
Bill che è interessato allo studio?!

«Oddio, algebra no!» si lamentò il vocalist.
Entrati in salotto, Bill aveva avvicinato due sedie alla scrivania e mi aveva invitato a sedermi. Mentre aspettavamo che il computer si avviasse, Bill mi aveva accarezzato una guancia con le sue mani ghiacciate. Avevo aperto la posta elettronica ed eccola là: una nuova e-mail, in cui erano stati trascritti gli ultimi argomenti e gli ultimi esercizi svolti in classe. Ed il primo era proprio algebra: una materia che il vocalist aveva sempre odiato.
«Me ne vado, non ti sono di alcuna utilità».
«Bill, frena. Ora tu te ne stai qui e cerchi di capirci qualcosa, ok? Io amo l’algebra e questo argomento è piuttosto facile. Se ti concentri un po’ lo capisci subito anche tu. Fallo per me, per favore! Voglio dire al mondo che ti ho insegnato l’algebra.»
«E va bene, va bene! Proverò a scervellarmi…»
Cambiò posizione sulla sedia un paio di volte, finché non fu comodo e soddisfatto. Poi prestò attenzione alle mie istruzioni e ai miei gesti. Andavo lenta, così avrebbe capito meglio.
Sembrava aver capito. C’era solo un modo per verificare se l’algebra era entrata nella sua testa.
Gli feci provare a risolvere un’espressione e dopo qualche minuto, mi rispose: «Il risultato dovrebbe essere -3. Giusto?»
Controllai il risultato sul libro. -3.
«Sì, bravo! E’ stato difficile?»
«No, non molto. E ora? A che mi serve?» mi chiese, con un tono che sembrava dire conosco già la risposta alla mia domanda.
Riflettei un po’. «A niente» risposi infine.
«Ecco, appunto. Tempo sprecato». Il ragazzo sbuffò.
«Bè, vedila così: prima di tutto, hai fatto contenta me. E seconda cosa, hai imparato qualcosa di nuovo, che prima non conoscevi.»
«Ok, va bene. Però, ora basta algebra! Andiamo a divertirci un po’!». Si alzò dalla sedia, io scossi la testa: «No Bill, devo fare inglese. E inglese a te serve, quindi almeno segui.»
L’inglese lo attirava di più e accettò di buon grado di sedersi e guardarmi terminare gli esercizi.
Fissava il foglio, le parole che scrivevo. Dopo la lettera, avevo deciso di cambiare un po’ la mia calligrafia. Quando ebbi finito anche inglese, riposi i fogli nella cartellina e sorrisi al ragazzo.
«Scrivi come Tom, ora», disse appena i nostri sguardi si incrociarono.
«Davvero?» Non avevo mai visto la sua scrittura.
«E’ incredibile come siate simili voi due. E allo stesso tempo così diversi. Non riesco ancora a crederci. Sareste una coppia perfetta, lo sapete benissimo, eppure… Eppure non provate niente di più che affetto l’uno verso l’altra. Incredibile. Siete imprevedibili, voi due.»
Sorrisi. «E’ per questo che ci vogliamo così bene: perché siamo simili e diversi, perché siamo imprevedibili.»
«Cavoli, ma perché vi volete solo bene? Mi piacerebbe vedervi…Innamorati. Sono curioso.»
«Tom, innamorato?! Non ce lo vedo. Tom, innamorato di ME?! Non ce lo vedo, ma proprio per niente! Come ti saltano in mente certe cose, eh Bill?»
«La colpa è solo vostra.», rispose.
Pausa.
Poi continuò: «E poi, vorrei tanto vederlo innamorato. Insomma, lui non ha mai trattato qualcuno come tratta te. Ci tiene davvero, e questo mi fa piacere, perché Tom è il tipo da una botta e via, lo sai benissimo. E tu…Bè, tu ti trasformi davanti a lui, ma nessuno dei due sembra accorgersene. Lo ripeto, siete incredibili, davvero.»
«In che senso, mi trasformo?» Non capivo.
«Nel senso che cambi. Hai un altro comportamento quando c’è di mezzo Tom.
Lo trovo diverso da quando avete stretto amicizia, sai? Spesso è in trance e poi mi chiede sempre scusa, per qualsiasi cosa…Ha trovato in te quello che mancava a lui per non essere uno stronzo insensibile. Ti ha vista così simile a lui e nello stesso tempo diversa, con un carattere così bello che ha deciso di assomigliarti…
Ma non pensare che ti stia sfruttando per essere migliore, questo no. Forse all’inizio poteva essere così, ma quando ha imparato cosa significa voler bene ad una persona, che non sia quella con cui ha condiviso la placenta della madre, ha capito che senza di te non poteva stare. Chiara, tu sei tutto per lui. Non so come farà senza di te, quando sarai tornata a casa…»
La stanza girava tutta. Mi appoggiai alla sedia per non cadere.
«Cioè mi stai dicendo che Tom ha voluto assomigliarmi?!»
«Sì»
«Oddio, non so che dire, che…»
«Non devi dire né fare nulla». Mi venne incontro e mi abbracciò. «Ehi, tranquilla d’accordo? Scommetto che nemmeno tu riuscirai a resistere senza impazzire quando sarete lontani. Ti giuro che in qualche modo ci terremo sempre in contatto. Lo giuro sui miei capelli, questa mattina ho impiegato tre quarti d’ora per acconciarli come si deve. Ora, forse, dovresti goderti gli ultimi momenti con mio fratello, non dovresti stare qui a chiacchierare con me. E’ vero, manca ancora un giorno, ma non devi sprecare tempo prezioso. Forza, vai!»
Seguii il suo consiglio.
Spinsi la maniglia, ma prima di andarmene mi girai e dissi: «Bill, grazie mille. Grazie di tutto».
Abbassai lo sguardo e uscii sul corridoio dove, per la seconda volta, sbattei contro qualcuno. Contro qualcuno che indossava dei jeans con il cavallo fino al ginocchio e delle T-shirt oversize. Vestito, cioè, esattamente come me.



Edited by AbdùH - 9/4/2008, 22:41
view post Posted: 9/4/2008, 20:47 Vi voglio bene - .F A N ~ F I C T I O N.
Ma cosaaaa?! >.< *guarda con sguardo assassino*

Capitolo quindici: Una settimana
Il mattino seguente, mi svegliai alle dieci. In casa non c’era nessuno, mi avevano lasciato sola.
Un po’ offesa, mi rifugiai in cucina, in cerca di qualcosa di dolce che potesse risollevarmi il morale.
Attaccato al frigorifero con una calamita, trovai un foglio. Lo presi tra le mani e a fatica, forse perché mi ero appena svegliata, lessi le parole ad alta voce:

Chiara, siamo andati a fare quell’intervista. Dormivi (sussurrando il nome di mio fratello nel sonno) e mi dispiaceva svegliarti. Tom ha detto che quando dormi sei dolcissima. Ci tenevo a fartelo sapere. Scusaci ancora. E’ solo un’intervista…
Bill
PS: Dimenticavo!! L’intervista sarà dal vivo, quindi accendi la televisione...Inizia verso le dieci e cinque. Se non ti svegli in tempo, ti racconteremo poi.


In fretta e furia, presi il telecomando, accesi la televisione e girai tutti i canali. Finché non trovai loro sullo schermo, insieme al presentatore del programma, che li stava annunciando:
«E oggi, cari amici, abbiamo con noi i Tokio Hotel!»
Un applauso riempì lo studio.
«Buongiorno Jim» Bill salutò il presentatore.
«Immagino che la maggior parte di voi sappia chi siano. Faccio un breve riassunto per chi non li conosce: sono quattro ragazzi, Bill, Tom, Georg e Gustav; rispettivamente cantante» la telecamera inquadrò Bill «chitarrista» fu inquadrato Tom «il bassista» inquadrarono Georg «ed infine il batterista» fu il turno di Gustav.
Portai le unghie alle mani, senza rendermene conto.
«Ciao a tutti!» dissero i quattro, in coro.
«Allora, iniziamo con qualche domanda veloce» continuò Jim. «Avete già programmi per il prossimo CD?»
A rispondere, come immaginai, fu Bill. «No, per ora non abbiamo programmi. Uscirà quando lo vedrete tra gli scaffali dei negozi.»
«Dite sempre che amate dormire fino a tardi…» iniziò il presentatore.
«Tranne Gustav» lo interruppe Georg.
«Sì, giusto. Ma, avete tempo?»
«Purtroppo no» riprese il bassista.
«Già, purtroppo siamo pieni di impegni: interviste, servizi fotografici, prove, registrazioni… Ma ora ci stiamo riposando. Sì, stiamo riposando. Cioè, lavoriamo a casa, ci alziamo quando vogliamo». Rispose Tom a quella domanda.
“Pff, come fanno a rispondere sempre alle stesse domande? Io perderei la pazienza, credo!” pensai. Dall’espressione dei quattro, capii che anche loro erano annoiati dalle solite e noiosissime interviste, che toccavano loro di tanto in tanto.
«Dev’essere rilassante, questo periodo di pausa, per voi. Ora, immagino che stare sempre in giro per il mondo, per voi che siete giovani sia interessante. Avete mai pensato a un vostro futuro? A cinquant’anni per esempio, girerete ancora per il mondo?»
«Non so se sarò vivo domani, e tu mi chiedi se a cinquant’anni girerò per il mondo!». Alla battuta di Tom, risero un po’ tutti.
Bill continuò «Io spero di fare musica per sempre, con loro. Ma non so se a cinquant’anni avrò la forza di girare ancora per il mondo. Per ora penso al presente. Poi si vedrà.»
L’intervista continuò ancora per mezz’ora. Il presentatore domandò le stesse cose che ormai tutti domandavano al gruppo: se mancava loro una vita normale, se passavano del tempo con la loro famiglia…Infine, il presentatore riservò il meglio: la solita domanda sentimentale.
«Allora, ragazzi. Ancora tutti single?»
Risero, tutti e quattro insieme.
«Sì, tutti single» ripeté Bill, tranquillo.
«E allora…Chi sono queste due ragazze?» Indicò lo schermo sulla sua sinistra, che venne inquadrato subito dalla telecamera. Erano apparse alcune foto: avevano paparazzato Georg e Myriam il giorno in cui fecero shopping; e anche me e Gustav, il giorno in cui quel fotografo ci stava rincorrendo.
«Oh, loro…» Bill era un po’ sorpreso. Era stato ingenuo a credere che non ci avrebbero mai sorprese assieme a loro. Nonostante ciò, continuò: «Sono due ragazze italiane. Si chiamano Myriam e Chiara e sono molto amiche tra loro. Non sto qui a dirvi come mai sono con noi. Ma potete credermi quando dico che non siamo innamorati né fidanzati, ma felicemente single.»
«Myriam è qui, dietro le quinte…» aggiunse Gustav, che non aveva ancora parlato.
«Potete dirci di più?» chiese Jim, sempre più curioso.
«Umh. Posso dirti che io sono molto legato a Chiara. Siamo molto simili e allo stesso tempo molto diversi». Mentre Tom spiegava, Bill annuiva. «E’ come…». Si fermò, un po’ distratto, ma riprese a parlare quasi subito. «E’ come se avessi una terza gemella, che non avevo mai conosciuto. Mi basta Bill a rompere le scatole, così Chiara rimane semplicemente una grande amica.»
Nello studio ci fu una risata generale e anche io, sola, davanti alla televisione, sorrisi.
“Stanno parlando di me e Myriam… Oddio! Mi fa uno strano effetto sentir pronunciare i nostri nomi davanti a chissà quanti telespettatori.”
L’intervista e il programma terminarono dopo la risposta di Tom.
Ne approfittai per sistemare un po’ la cucina e per vestirmi.
Tornai in salotto e all’improvviso sentii una chiave girare nella serratura: Saki entrò, precedendo gli altri cinque, e urlò: «Chiara, siamo arrivati!»
Bill lo rimproverò dicendo «Shhh, magari dorme ancora…»
Corsi verso il frigorifero, presi il biglietto lasciatomi da Bill e lo infilai velocemente in tasca.
«No, sono sveglia.» andai loro incontro, poi continuai: «Vi ho visti in televisione.»
«Chiaraaaa! Bella l’intervista, vero?», mi chiese Myriam.
«Sì, è stata…No, era noiosa. Gli hanno fatto sempre le stesse domande! Mi sembrava strano che non avessero tirato fuori le foto immediatamente.»
«Ma mi hai vista nella prima foto? Sono venuta malissimo!»
«Myriam, ti hanno colto di sorpresa, non potevano di certo venire a dirti di metterti in posa!» ribattè Bill all’affermazione. Poi si rivolse a me «Come va Chiara?»
«Bene, grazie. Ma, senti una cosa. Come fate a sopportare me e Myriam per tutto il giorno?»
I quattro ragazzi risero. Tom mi venne vicino e mi abbracciò.
Poi Gustav annunciò «Ho una fame pazzesca!» e ci dirigemmo tutti verso la cucina, pronti a divorare qualsiasi cosa ci fosse capitata sotto mano.

Guardavo fuori dalla finestra: pioveva. Ero affascinata dalla pioggia, lo ero sempre stata. Quelle gocce, quell’acqua che scendeva dal cielo…Anche se sapevo il perché scientifico, continuavo a chiedermi come fosse possibile che il cielo piangesse. Mi piaceva ancora pensare che era perché il sole quel giorno non si era fatto vivo.
Il tempo, con i quattro ragazzi e Myriam, sembrava non passare mai. Il ritorno a casa non mi spaventava più, perché le ore, i minuti e i secondi si erano bloccati, quasi capissero i miei sentimenti.
La pioggia mi ricordava casa mia. Quante ore avevo passato con il naso contro il vetro! Chissà se lì pioveva, chissà se invece il cielo era azzurro, chissà cosa facevano a Caselle…
Una voce, alle mie spalle, mi risvegliò dal mio stato di trance.
«Chiara?». La voce di Tom risuonò dolce nella mia testa. Istintivamente, mi voltai per guardarlo negli occhi. «Tra una settimana probabilmente sarai su un aereo, di ritorno a casa… E io sentirò terribilmente la tua mancanza.»
Settimana. Aereo. Ritorno. Casa. Mancanza.
Tua mancanza.
Cazzo.
Non riuscii a trattenere una lacrima, che scese silenziosa bagnandomi la guancia. Non mi ero resa conto che mancasse così poco tempo al nostro addio o arrivederci che fosse. Perché non potevo stare con loro per sempre? Lo avrei fatto. Anche a costo di girare il mondo, anche forse a costo di non vedere la mia famiglia per mesi e mesi. Ma tutto ciò non era possibile. Dovevo accontentarmi, dovevo sapermi accontentare dei tre mesi passati insieme a loro.
Tom si avvicinò e quasi non me ne accorsi. Mi prese il viso fra le mani, mentre io affogavo nei suoi splendidi occhi nocciola; poi mi asciugò una lacrima con un dito e mi strinse forte a sè.
«Tomi, non voglio. Non voglio!». Sembravo una bambina capricciosa che non voleva andare a scuola, ma che preferiva rimanere tutto il giorno attaccata alla gonna della mamma.
«Nemmeno io voglio che tu te ne vada. Ci terremo in contatto, te lo prometto. Verremo a trovarti, magari anche tu verrai a trovare noi. Ti prego, ora calmati. Non so come consolarti, è…Difficile, per me. Chiara, hai ancora una settimana da passare con noi davanti a te. Non abbatterti, vivi questi ultimi giorni più intensamente del solito.»
Continuava a stringermi forte. Avrei voluto nascondere la testa sotto la sua maglia oversize, ma non lo feci, forse per vigliaccheria, forse perché il gesto mi sembrava infantile.
Bill entrò nella stanza. Mi girai verso di lui, ancora lacrimante. Mi guardò, preoccupato e chiese spiegazioni. Non riuscivo ad aprire bocca né ne avevo voglia. Il fratello rispose al mio posto.
«Non si era accorta del passare del tempo, non si era resa conto che mancasse così poco al suo ritorno a casa e non vuole andarsene.»
«E tu Tom, la stai…Consolando?! Oddio, non posso crederci!»
Nonostante la tristezza, mi scappò una risata. E mi risollevò il morale, almeno un po’.
«Tom, sei impazzito o cosa? No, davvero, non posso crederci! C’è una ragazza abbracciata a te, piangente, e tu che la consoli…Che è successo? Ti hanno rapito gli alieni?»
«Lo so che non è da me Bill, ma lo sai che a Chiara tengo un sacco. Ora smettila per favore, lei sta male e tu sei lì come un idiota a fare battute cretine». Era freddo. Non si era mai comportato così con suo fratello. In quel momento, i ruoli si erano invertiti. Bill non mosse un muscolo.
Mi staccai dal corpo di Tom e osservai il danno che avevo causato con il mio capriccio stupido: la maglia oversize era fradicia, Bill era incredulo davanti alla scena, e il gemello aveva gli occhi velati di una tristezza quasi indecifrabile.
«Grazie Tom, grazie Bill. Non so che altro dire a parte questo.»
Li guardai, prima uno, poi l’altro.
«Bhè, visto che mi avete risollevato il morale, vado a vedere cosa combina Myriam». Sapevo che i due gemelli avevano bisogno di parlare in privato.
Uscii sul corridoio e mi diressi verso la stanza della mia amica. Bussai, ma non ottenni risposta. Gustav, che mi stava venendo incontro, mi avvisò: «E’ andata fuori con Georg. Ma tu…Hai gli occhi rossi. Che è successo?»
Non avevo voglia di raccontargli tutto: sapevo che mi sarei di nuovo messa a piangere come una stupida. Gustav mi fece un vero e proprio interrogatorio.
«E’ stato Tom? Dimmi, è stato lui?!»
«Tom? No! Perché dovrebbe farmi del male?» chiesi, shockata dalla reazione del batterista.
«E’ normale pensarlo: con lui hai legato di più e passate un sacco di tempo assieme. Ok, non ne vuoi parlare. Ora comunque stai meglio?»
«Sì sì, grazie Gu.»
Andammo insieme in salotto, continuando a chiacchierare.
Avevo proprio bisogno di distrarmi un po’.

view post Posted: 5/4/2008, 13:58 Vi voglio bene - .F A N ~ F I C T I O N.
Buhauhahaua XDDD
Ma povero Tomi, perchè devi picchiarlo? ç__ç"
E poi, non stanno insieme nè sono innamorati U__U
view post Posted: 4/4/2008, 19:34 Vi voglio bene - .F A N ~ F I C T I O N.
Capitolo quattordici: Nuovi sviluppi.
Bill se n’era andato da qualche minuto. Io ero rimasta seduta sulla moquette a sbattere la testa contro il muro, con milioni di domande che mi assillavano. Perché Bill stava origliando? Io gli avrei detto tutto e lo stesso avrebbe fatto Tom. Perché ha cercato di baciarmi? O era solo una mia impressione?
A tutte queste domande, c’era solo una risposta: prendere il coraggio a due mani e chiedere.
Battei leggermente le nocche sulla porta, spinsi la maniglia ed entrai. Tom era come lo avevo lasciato: sul letto, le mani alle tempie.
«Tom?»
«Oh, sei tu Chiara. Vieni, vieni. Dobbiamo parlare.»
«Per questo sono qui. Devo chiederti tante cose. Ma parla prima tu.»
Mi prese le mani nelle sue.
«Bill se l’è presa?»
«No, abbiamo parlato. Gli ho raccontato tutto dal mio punto di vista. Non l’ha fatto apposta, era solo curioso…Mi sa che questa storia lo intriga: crede ci sia del tenero tra di noi».
«Già…» Tom sembrava assente, assorto in tutt’altri pensieri. «Aspettami qui». Detto questo, si alzò e camminò velocemente fino a sparire dalla stanza.
Presi il cellulare e velocemente composi un numero.

«Pronto?» chiese la voce dall’altro capo del telefono.
«Anca, Tom mi stava per baciare.» dissi tutto d’un fiato.
«COSA?! Non ti bastava solo Bill eh? Forza racconta. Aspetta, metto il vivavoce.»
«Perché? Chi c’è lì con te?»
«Desìrèe e Mara.»
«Oh! Ciao ragazze! Come vanno le cose?»
«Abbastanza bene. Perché non sei qui?!» questa era la voce di Desy.
«Oh Desy, perché quaggiù sto benissimo!» risposi scherzando.
«Racconta, avanti.»
«Bhè. Praticamente, oggi è l’anniversario della prima chitarra di Tom e insieme a Bill ho deciso di fargli un regalo: un cappellino. Bill mi ha consigliato di scrivergli una lettera, descrivendo ciò che provo per lui. Così ho fatto. Ho poi portato il regalo a Tom che ha letto la lettera. Poi ci siamo abbracciati forte e sono riuscita a dirgli che gli voglio bene. Sentivo i battiti del suo cuore. Mi sono messa a fissarlo, lui ha avvicinato il viso e…»
«Non lasciarci sulle spine, forza!» Era stata Mara a parlare.
«E Bill è caduto. Era appoggiato alla porta per origliare, ha perso l’equilibrio ed è caduto. Così addio atmosfera.»
«E tutto ciò quand’è successo?» mi chiese una delle ragazze.
«Circa dieci minuti fa»
«Cioè, noi eravamo qui a fare i compiti di inglese, mentre lì è successo tutto quel casino…»
«Che vita ingiusta» ribattè Desy.
«Già».
«Ragazze, non deprimetevi! Un mese e mezzo e torno!». Cercai di tirare loro su il morale. Ma non funzionò.
«Ma un mese e mezzo è troppo…»
«Salterei sul primo aereo diretto da voi, ma non posso. Deluderei i Tokio Hotel e voi non volete certo che io faccia loro una cosa del genere, giusto? Ora devo scappare. Vi richiamo appena succede qualcosa di nuovo. Vi voglio bene!»

Mi sedetti sul letto, portai le ginocchia al mento e vi appoggiai la testa. Stavo rivedendo tutte le immagini di dieci minuti prima: io e Tom abbracciati, il suo cuore che sentivo battere forte, i suoi sussurri, le orecchie che mi fischiavano, il tonfo…E poi le parole di Bill.
“Tom, innamorato?! Ok, questo un giorno potrà anche capitare. Ma di sicuro si innamorerà di una ragazza bella, alta, snella, con dei capelli semplicemente perfetti…”
«Chiara, si va a cena fuori». Una voce interruppe i miei pensieri.
«Cosa?» chiesi, alzando lo sguardo. Era Tom.
«Si va a cena fuori» mi ripeté dolcemente.
«Ah. Come mi devo vestire?»
«Umh, direi che così come sei vestita va bene. Non è un ristorante di lusso. La limousine fra un po’ sarà qui», mi spiegò.
«Come mai questa cosa così all’improvviso?» chiesi, perplessa.
«Mi ero stufato di mangiare sempre qui…»
Gli sorrisi e gli sistemai il cappellino che era tutto storto. Lui in un sussurro mi ringraziò.
Presi velocemente il giubbotto e seguii Tom all’esterno della casa.

Una volta fuori, ci sedemmo sui gradini di pietra, lasciando aperta la porta principale. Fuori c’era una leggera e tiepida brezza.
Tom mi fissava, ma non me ne accorsi: i miei occhi erano concentrati sull’asfalto davanti a me, la mente era altrove e vagava, pensierosa.
Sentii d’improvviso il bisogno di guardarlo, di sentirlo accanto a me. Sapevo che c’era, se si fosse alzato avrei sentito i jeans strusciare, ma avevo bisogno dei suoi occhi.
Girai lentamente la testa alla mia destra. I nostri sguardi si incrociarono e sul volto di Tom comparve un sorriso stupido.
Udii dei passi provenire dall’interno: gli altri ci stavano raggiungendo.
Tom spostò la frangia che mi copriva gli occhi; avvicinò la bocca e baciò la fronte piuttosto intensamente. Le sue labbra erano calde e morbide. Quel bacio esprimeva tutto ciò che provava per me e che fino ad allora mi aveva mostrato in più modi. Era come se volesse proteggermi, o meglio, era come se non volesse lasciarmi, come se la mia mancanza potesse ferirlo.
Mentre staccava la bocca dalla mia fronte, gettai uno sguardo sulla porta. Bill, Georg, Gustav e Myriam erano sulla porta e ci guardavano a bocca aperta. Bill fissava soprattutto Tom. Presto sul suo volto comparve una smorfia compiaciuta.
La limousine aveva appena frenato.
«Allora, andiamo? Sto morendo di fame!». Io e Tom ci alzammo quasi in contemporanea. Aprì la portiera, fece salire Myriam, poi me ed infine saltò su. Gli altri tre ci raggiunsero subito dopo.

Il viaggio durò un quarto d’ora circa. Prima che la limousine si fermasse, Bill bendò Myriam e Tom fece la stessa cosa con me.
«Non vi preoccupate ragazze, è una sorpresa», ci spiegò Bill.
Mi lasciai guidare dalla voce e dalle mani di Tom. Mi cingeva un fianco e mi teneva per mano mentre mi diceva «Attenta, qui c’è un gradino» oppure «Ora gira a destra».
Finalmente, mi tolse la benda. Ci trovavamo in una stanza con un tavolo apparecchiato per due.
«Tom, ma qui è…». Non feci in tempo a finire la frase; Tom la completò al mio posto.
«Apparecchiato solo per due e noi siamo in sei. Lo so. Ma io e te dobbiamo parlare, lo sai benissimo. E quale occasione migliore se non una bella…»
«Cena all’italiana? Hai ragione».
Tom tirò indietro la sedia per farmi sedere; io ribattei «No, lascia stare. Siediti e basta. Quelle cose le odio. Troppo sdolcinate e da film romantici».
Abbassò la testa e rise. Poi si sedette, continuando a guardarmi.
«Gli altri, dove sono?» chiesi, contemplando l’arredamento della stanza. C’erano un sacco di manifesti che ritraevano la pubblicità di vecchie automobili italiani, o di qualche liquore. Sperai che il cibo fosse migliore di come il ristorante appariva.
«Sono nella stanza qui accanto». Indicò il muro alle sue spalle. «Allora. Da dove iniziamo?»
«Buongiorno ragazzi!» la voce del cameriere interruppe i nostri discorsi. «Volete ordinare?»
«Sì. Io prendo una pizza margherita e una Coca-Cola media» risposi.
«Anche io, lo stesso che ha ordinato lei».
«Vi porto subito da bere».
«Grazie mille», sussurrai. Poi continuai il discorso con Tom: «Umh. Vogliamo iniziare dal fatto che abbiamo passato un sacco di tempo insieme da un mese a questa parte?»
«Non ci trovo nulla di male».
«Nemmeno io».
Restammo in silenzio, a fissarci, per non so quanto tempo.
Arrivò il cameriere che posò le due bibite sul tavolo e si dileguò in un batter d’occhio.
«Ti danno fastidio i miei abbracci?» mi chiese, bevendo un sorso dal bicchiere.
«Cosa? No, affatto».
«Allora o sei innamorata di me o…Non so».
«Mmh, come non sai?». Silenzio. «E tu, tu cosa provi? Perché mi abbracci?»
«E’ difficile da spiegare.»
«Cosa c’è di difficile?!». Il mio tono di voce sfiorava l’urlo. In quel momento, entrò nuovamente il cameriere che ci portò le pizze. Poi sparì senza dire una sola parola.
«Sai già che ti voglio bene. Sai cosa mi succede quando sei con me, perché quando ci sei tu non riesco a fingere. Ma non sai cosa mi frulla per la testa quando dormi, oppure quando non sei accanto a me. Chiara». Mi prese le mani e riprese a parlare: «Sei importantissima per me. E lo dico davvero. Hai un non so che di speciale, non sei come…Le altre. Non vorrei farti soffrire, non sei una di quelle ragazze che mi farei per poi buttarle fuori la mattina dopo. Non ti amo o almeno non credo. Non ho mai amato e credo che mi ci vorrà un po’ di tempo. Chiara, dimmi che resterai per sempre con me, ti prego».
«Tom io…Non so cosa dire. Non posso prometterti una cosa di cui non sono sicura. Anche tu sei davvero importante per me. Tu mi piaci. Non nel senso fisico; mi piace il tuo carattere. Ti prometto che farò di tutto per restarti accanto per sempre.»

La cena continuò. Finimmo presto le nostre pizze e ci facemmo portare un piatto di patatine fritte. Un grande piatto da dividere in due.
Ci imboccavamo a vicenda e scoppiavamo a ridere perché eravamo sempre sul punto di strozzarci. Non parlammo più del nostro rapporto: eravamo tornati a ridere e scherzare.
Tom pagò il conto, mentre io uscii fuori dal locale. Incontrai gli altri ragazzi, che avevano appena finito di cenare. Georg aveva la maglia sporca addirittura. Probabilmente, di là era rimasto un campo di battaglia, non un tavolo.
«Com’è andata la cena con Tom?» mi chiese Myriam.
«Bene. Ti racconto tutto quando arriviamo a casa».
Il viaggio di ritorno si rivelò breve. Scesi dall’auto, Tom mi diede un bacio sulla guancia e sparì nella sua, nella nostra camera.
Myriam mi trascinò in salotto. Ci sedemmo per terra, sul tappeto. I suoi occhi mi pregavano di raccontarle tutto, nei minimi dettagli. Così, iniziai a raccontare tutto, per filo e per segno. Persino ciò che vedevo negli occhi di Tom.
«Wow!» fu l’unica cosa che My riuscì a dire.
«Sì, sarebbe stupendo…Se Bill non credesse che ci fosse qualcosa tra di noi…»
«Cosa?». Il suo tono di voce era perplesso. Non mi ero spiegata bene.
«Bill. Crede che io e Tom siamo innamorati o qualcosa di simile.»
«Ma no, devi fargli capire che non è così!». Mi venne da ridere a sentirglielo dire.
«E cosa posso fare? Gliel’ho spiegato io e gliel’ha spiegato Tom. Che altro possiamo fare?»
«Qualcuno deve convincerlo. Deve farglielo capire»
«Tu?»
«Io?»
«Sì, tu. Vai a cercarlo e parlagli! Vengo ad origliare.»
Ci dirigemmo saltellando verso la camera di Bill. Io mi nascosi dietro ad un muro, mentre Myriam bussò alla porta.
«Avanti!» Si sentì dire dall’interno.
My entrò, lasciando la porta socchiusa per permettermi di sentire tutto.
«Bill, non so da dove cominciare. Sai della faccenda Chiara&Tom, no?»
«Sì. Sono cotti. Si vede lontano un miglio. Soprattutto Tom…»
«Ti sbagli.» sussurrò lei.
«Cosa?»
«Ti sbagli» ripeté, più forte.
«No no, non mi sbaglio. Loro dicono che non c’è niente, ma non è così. Ho un sesto senso per queste cose. Non si vogliono solo bene. Non possono volersi bene e abbracciarsi così. E poi, hai visto oggi? Tom l’ha baciata sulla fronte…E’ innamorato perso. Lo conosco bene. Guarda.»
Bill spostò il letto verso di sé. Io mi sporsi, verso la porta, per riuscire a vedere cosa le stava indicando.
Era un collage di foto. Alcune le aveva rubate dal mio album, altre non le avevo mai viste. Erano incollate su un grande foglio bianco, circondate di cuoricini.
Sia io che Myriam restammo a bocca aperta.
«Bill, tu vuoi che Tom si innamori».
Myriam si sedette sul letto e fissò Bill.
Lui rimase zitto. Dopo qualche minuto, disse «Hai ragione. E’ vero. Ho i miei motivi: li vedo sempre insieme, così legati l’uno all’altra. Sono perfetti. Ma non sono innamorati, ok. Ho capito.»
«Meno male, finalmente!»
«Ora vado a dormire Myriam. Domani abbiamo un’intervista.»
«My? Dimmi una cosa. Sii sincera.» Pausa «Secondo te, stanno bene insieme?»
«Emh…Sì. Ma non lo dire»
«Tranquilla, sarà il nostro segreto». La baciò sulla guancia frettolosamente.
Mi alzai, Myriam uscì dalla stanza di Bill.
«Grazie My, sei riuscita a convincerlo.»
«Ma l’hai vista la parete? Con tutte le foto?»
Mi misi a ridere al solo pensiero. Le augurai la buona notte, poi raggiunsi per l’ennesima volta Tom, nel suo letto.
«Chiara, ti stavo dando per dispersa!» esclamò, vedendomi entrare.
«Scusa Tomi, ero a chiacchierare con Myriam».
Mi girai per posare il telefonino sulla scrivania e sentii le mani di Tom sui fianchi. «Non mi hai mai chiamato Tomi prima d’ora». Poi sciolse quel suo abbraccio particolare e mi fissò. «Ti dispiace?» chiesi. «No, anzi».
Corsi in bagno a infilarmi il pigiama.
Per la prima volta in un mese e mezzo, non vedevo l’ora di sentire il suo respiro, di passare un’intera notte abbracciata a lui, di sentirmi sussurrare «Ti voglio bene»…
348 replies since 1/8/2006